Avezzano. Venerdì 20 giugno, nella suggestiva cornice della Sala Irti di Avezzano, si è svolto il convegno dal titolo “Identità, verità biologica e fede: un dialogo aperto oltre la prospettiva gender”. Un incontro pubblico di alto profilo culturale e umano, che ha registrato una partecipazione sentita e trasversale, richiamando oltre 70 persone tra cittadini, educatori, amministratori locali e rappresentanti del mondo ecclesiale.
L’evento, organizzato con passione da Francesca Riccitelli, che ha portato anche una toccante testimonianza personale, è stato moderato dalla professoressa Maria Gabriella Martignetti, figura autorevole del panorama accademico marsicano, e ha visto susseguirsi gli interventi di relatori di assoluto rilievo: Nello Simonelli, consigliere comunale di Avezzano, presidente della Commissione Cultura e di Nazione Futura Abruzzo; Giorgia Esposito, avvocato esperta in diritto di famiglia; Cristiano Di Salvatore, psicologo e psicoterapeuta, e Don Enzo Massotti, docente di Teologia Morale e padre spirituale del seminario regionale di Chieti.
I lavori sono stati aperti dal saluto istituzionale del consigliere comunale Antonio Del Boccio, che ha sottolineato l’importanza di momenti di riflessione pubblica su tematiche così sensibili e centrali nel dibattito contemporaneo.
Nel corso del convegno si è sviluppata una riflessione articolata e coraggiosa sulle sfide poste dalle teorie gender, dalla medicalizzazione dell’identità nei minori attraverso terapie ormonali precoci, e dalla pratica della maternità surrogata. Temi affrontati con rigore scientifico, sensibilità umana e fedeltà ai principi della Costituzione, che riconosce il valore della persona nella sua interezza, nella sua dignità naturale e nella sua irriducibilità a qualsiasi costruzione ideologica. Particolare attenzione è stata rivolta agli effetti psicosociali e giuridici delle derive culturali che, in nome di una libertà astratta, rischiano di smarrire il senso concreto del limite, del legame e della responsabilità verso i più fragili: i bambini, i giovani, le donne, la famiglia. Due testimonianze di vita hanno toccato profondamente la platea, restituendo volti e storie reali a una discussione spesso strumentalizzata da slogan e semplificazioni mediatiche. Sono emersi, con forza, il bisogno di verità, di accompagnamento autentico e di ascolto empatico, lontano sia dai fanatismi ideologici sia dai silenzi colpevoli.
“In un’epoca in cui si fa largo una cultura che pretende di separare il corpo dalla persona, la biologia dalla verità, la libertà dal bene comune, abbiamo voluto – ribadisce Simonelli – riaffermare, con umiltà ma anche con fermezza, che la realtà non si cancella con un decreto né si rieduca con l’algoritmo. La dignità dell’uomo e della donna non si costruisce in laboratorio, ma si riconosce a partire da ciò che siamo, prima ancora che da ciò che sentiamo. Il dialogo, per essere autentico, non può eludere la verità. E la verità, quando è cercata insieme, non divide, ma illumina. A chi ci accusa di voler giudicare, rispondiamo con il coraggio della ragione e con la forza mite della testimonianza: non si può costruire una società giusta su fondamenta instabili e mutevoli. Abbiamo il dovere di educare, di proteggere e di non tacere. Questa battaglia – conclude – non è contro qualcuno, ma per l’uomo, per il bambino, per la donna, per la famiglia. Per restare umani in un tempo che sembra volerci disumanizzare”.