Avezzano. “Epitelioma si chiama. Pronunzii, sentirà che dolcezza: epitelioma… La morte, capisce? È passata. M’ha ficcato questo fiore in bocca, e m’ha detto: ‘Tienitelo, caro: ripasserò fra otto dieci mesi!”.
È la frase pronunciata da “L’uomo dal fiore in bocca” di Luigi Pirandello che illustra “con poesia” le patologie tumorali del cavo orale. Ed è la frase che ieri sera ha inchiodato allo schermo gli spettatori de “Il fiore in bocca”, il lungometraggio dei registi Andrea Settembrini e Valeria Civardi, proiettato all’interno della kermesse Cinema e Ambiente di Paolo Santamaria.
Un documentario che non è un’inchiesta ma che racconta e che denuncia, con toni pacati e con tempi lunghi. Che dà voce a un uomo che ha visto una donna in una bara, che finalmente ritrova serenità nel vederla morta. “Si può essere sereni perché è tutto finito?”. Si chiede nella telecamera che lo riprende mentre guida e mentre racconta quella sensazione che non sembra essere di questo mondo, di provare sollievo dopo aver visto tanta sofferenza.
La Puglia, una terra che viene presentata come un paradiso terrestre e che nasconde sotto al terreno metri e metri di rifiuti sotterrati. Dove i tumori uccidono ma dove si fa finta di nulla. La Puglia che diventa emblema di quello che accade in tante altre regioni d’Italia, all’ombra dell’estate, dove si portano i santi in processione con la fascia tricolore e si fa finta che va tutto bene.
Le riflessioni finali con i registi Settembrini e Civardi
La scheda del film:
Paradisi terrestri che nascondono rifiuti e tumori che uccidono nell’indifferenza, questa sera documentario all’Arena Mazzini
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