Avezzano. Si dice spesso che la dimensione “locale” vada conservata, tutelata, addirittura valorizzata, ma altrettanto spesso si derubricano a semplici “note folcloristiche” quelli che sono invece elementi fondanti della cultura di determinati luoghi o comunità. Tra questi c’è sicuramente il dialetto, che per propria natura resta più fedele al passato, ma che proprio per questo può contribuire a raccontare quei mondi scomparsi che solo la memoria e l’arte possono salvare.
È stato così anche per lo spaccato di vita di paese che l’autore Osvaldo Cipollone ha voluto rappresentare nell’opera dialettale “I panni spórchi se lavano ’n casa”, andata in scena a Cese lo scorso 17 agosto. Una commedia in due atti che ha visto alternarsi sul palco ben ventuno persone, tutte di Cese, e che ha raccolto un successo di pubblico andato ben oltre le aspettative dell’ideatore e degli organizzatori, tra cui il Comitato Feste Cese 2023 e la Pro Loco locale.
Allo spettacolo teatrale hanno infatti assistito più di 700 persone, accomunate dal desiderio di ritrovare o scoprire alcuni tratti tipici della civiltà rurale del secondo dopoguerra, messi in scena secondo i canoni linguistici e di costume cesensi. “Nei paesi come il nostro”, ha spiegato l’autore, “in passato alcune attività venivano svolte nei pressi delle fontane pubbliche poiché il servizio idrico non raggiungeva direttamente le abitazioni. Così, vicino alle fontanelle si poteva assistere ad un continuo via-vai di donne con la conca per il prelievo dell’acqua, di ragazzini intenti a giocare, di uomini in transito verso i campi, di giovincelli che abbeveravano gli animali, di donne impegnate a sciacquare indumenti, lenzuola e panni in genere. Era sempre lì, attorno alla fontana, che si soffermavano passanti e carrettieri per dissetarsi o per chiedere informazioni, ambulanti per pubblicizzare la propria mercanzia, artigiani forestieri pronti a fare riparazioni e, soprattutto, il banditore che portava i suoi messaggi alla platea”.
Categorie, queste, tutte rappresentate con grande fedeltà nella commedia teatrale, che si apre con una scena tanto romantica quanto divertente tra due giovani fidanzati. “La sera erano soprattutto le ragazze a raggiungere la fonte portando la conca sottobraccio”, racconta Cipollone. “Nell’esigenza di far provvista d’acqua, infatti, le giovani trovavano un valido motivo per uscire di casa, rimanere fuori superando l’impegno necessario ed incontrare magari un pretendente o un fidanzato, che fosse ufficioso o già noto in famiglia”.
Le fontanelle erano dunque al centro delle vicende quotidiane dei paesi come Cese ed è forse per questo che la rappresentazione scenica, nata da racconti fedeli e da ricordi personali dell’autore, è risultata tanto coinvolgente ed interessante per il pubblico presente. La forza delle espressioni dialettali ha fatto il resto, trasportando di fatto gli spettatori in un mondo lontano ma non troppo, considerando la curiosità instillata nei più giovani, attori compresi.
Tra questi figurano infatti ben cinque ragazzi tra i 10 e i 12 anni e altre tre ragazze appena maggiorenni, che negli otto mesi di prove in cui l’intera compagnia è stata impegnata hanno potuto cogliere l’occasione per avvicinarsi alla cultura del dialetto attraverso la recitazione. “È ai più giovani che dobbiamo guardare”, ha concluso Cipollone a margine della rappresentazione. “Il messaggio che vogliamo lasciare loro è quello dell’impegno e della dedizione, fondamentali per la crescita di tutti, a qualsiasi età. Quella che abbiamo raccontato è una piccola parte della storia di Cese; sta a tutti noi tenerla in vita assieme agli altri segni della nostra cultura”.
La serata del 17 agosto è stata dedicata alla memoria dell’amico Fiorello Cosimati, compagno di tante iniziative sociali e culturali, al quale è andato il commosso pensiero di tutti attraverso il sentito omaggio alla moglie Augusta. Questi, infine, il “cast” e la squadra sul palco. Attori: Carmen Tucceri e Dennis Cipollone (i due fidanzati), Assunta Di Giamberardino (la lavandaia), Vincenzo Alfonsi, Francesco Bisegna, Gabriele e Leonardo Cipollone, Federico Fantozzi (i cinque ragazzi), Rosella Bianchi (la “lattaròla”), Ermanna Di Matteo (l’anziana), Angelo Torge (il banditore), Maria Patrizi (la massaia), Giuseppe Cipollone (il contadino), Ermenegildo Di Giamberardino (il medico condotto), Massimo Salvati (l’ombrellaio), Oreste Cosimati (il contadino pastore), Cristina Cipollone e Gisella Tucceri (due comari), Lino Torge (lo straccivendolo), Noemi Bianchi e Francesca Torge (due giovani amiche). Tecnici di scena: Lucio Bonari, Emilio, Emilio e Sergio Cipollone, Francesco D’Angelo, Lelio Rosati. Tecnici video-audio e fonici: Michele e Stefano Cipollone, Ettore Malandra. Presentazione: Manuela Cipollone. Aiuto regia: Eugenio, Roberto e Rosella Cipollone. Regia: Osvaldo Cipollone.