Ricorre oggi la festività di Sant’Antonio Abate, il Santo protettore degli animali ma anche delle stalle e dai pericoli degli incendi. Il culto del frate dalla lunga barba con accanto un porcellino è molto radicato in tutta la Marsica, soprattutto in campagna, dove è ancora rispettata la tradizione di improvvisati musicanti (“li Sandandonijre”) che vagano di casolare in casolare a cantare filastrocche con “ddu botte” e “lu vurr vurr” e arnesi da cucina, facendo un gran baccano. In esse vengono rievocati episodi leggendari della vita del Santo e delle sue battaglie con il demonio e viene implorata la sua protezione sulla famiglia nonché sui suoi beni e sui suoi animali. L’esibizione termina con la richiesta di qualche succulento omaggio: salsicce, lonze, prosciutti e diverse prelibatezze che la tradizione agro-pastorale lega alla festa del Santo. In passato ogni famiglia in questo giorno offriva ai meno fortunati un piatto di ‘ranat’, cioè legumi e cereali raccolti durante l’anno, cotti in enormi caldai di rame detti “cottore”. Con un grosso cucchiaio di legno si mescolavano i “cicirocchi”, altro nome con cui si era soliti indicare la pietanza a base di ceci, fagioli e granturco, in segno di prosperità e benessere per tutto l’anno. Per l’occasione le case venivano allestite con arance e icone del Santo. Oltre al granturco cotto, venivano distribuiti dei panini benedetti dette “panette”. Tipiche di questo giorno erano anche varie focacce e pizze che la tradizione continua a tenere vive. Intorno alla tavola i commensali possono gustare la “pizza roscia càlla càlla”, preparata con farina ròsc, che si ottiene dalla macinazione del mais o granturco. Impastata con acqua salata e bollente, era mescolata con l’aiuto di un cucchiaio di legno. Una volta diventata solida si cuoceva sui mattoni refrattari del camino e sopra coperta con i “còppe”, un bacile di ferro messo al contrario e ricoperto a sua volta con la cenere e le braci ardenti, così da ottenere una cottura uniforme su tutti i lati. Terminata la cottura questa pizza veniva servita accompagnata da carni di maiale e imbevuta de ‘cunce’, il grasso liquefatto della padellata con battutto di lardo, salsicce, ventresca e costine e ‘càvl rsuffritt’ cioè cavoli o broccoletti lessati e ripassati in padella con abbondante aglio e peperoncino. Per onorare il Santo venivano e sono tutt’oggi preparati i tradizionali ‘Cillitte di Sand’Andonie’ (Gli uccelletti di Sant’Antonio), dolcetti dalla forma appunto di piccoli uccelli ripieni di marmellata.
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