San Benedetto. “Ho ucciso Amarena, ma ora non vivo più, è ingiusta questa violenza contro e e la mia famiglia”. A parlare è Andrea Leombruni accusato di aver sparato all’orsa Amarena con un fucile da caccia. “Sono tre giorni che non dormo e non mangio, non vivo più, ricevo in continuazione telefonate di morte, messaggi; hanno perfino chiamato mia madre 85 enne, tutta la mia famiglia è sotto una gogna”. Si dice pentito ma ora vittima di quelle che chiama violenze nei suoi confronti.
“Ho sbagliato; l’ho capito subito dopo aver esploso il colpo… i carabinieri li ho chiamati io – ha dichiarato Leombruni all’Ansa piangendo- ci devi passare per capire quello che sto provando ora”. La famiglia è compatta attorno al commerciante. “Non è giusta questa violenza e questo martirio che ci stanno facendo, – commenta la moglie di Leombruni – c’è la Procura che indaga, sono loro i titolati a farlo, a giudicare, noi sicuramente saremo puniti e ripeto giustamente, ma perché dobbiamo vivere sotto scorta? Perché dobbiamo aver paura di vivere?”.
Intanto il procuratore capo di Avezzano, Maurizio Maria Cerrato ha nominato due esperti: Rosario Fico anatomopatologo veterinario e Paride Minervini tenente colonnello dell’Esercito italiano, come perito balistico, e domani si terrà l’esame sulla carcassa. Poco distante dall’abitazione era spuntato un murales dove veniva raffigurato un cacciatore che imbraccia un fucile con scritto “Giustizia”, cancellato dopo qualche ora da una vernice rossa. “Io ho il porto d’armi, ma non vado a caccia da 25 anni, – continua Leombruni – è successo qui”, indicando il pollaio, una struttura ben recintata con la rete anche nella parte superiore, dove si intravedono ancora le gocce di sangue di Amarena e le penne delle 13 galline mangiate dall’Orsa, “in uno spazio piccolissimo, io mi ero appostato per vedere chi fosse, mi sono trovato all’improvviso quest’orso ed ho fatto fuoco per terra, non ho mirato, il fucile aveva un solo colpo”.
Nel frattempo a San Benedetto dei Marsi si respira una aria fitta, pesante, “È una brava persona, ha sicuramente sbagliato ma basta con la persecuzione e l’istigazione all’odio – dichiara un parente – Qui non siamo pro o contro un orso qui noi stiamo parlando di un padre di famiglia, un lavoratore che non esce di casa da giorni e sta come uno straccio buttato a letto, che riceve quotidianamente minacce di morte; questo murales è una vergogna spero lo rimuovano subito”.
Gran parte dei cittadini si sono schierati in protezione dell’indagato Leombruni ed altri invece no. “Siamo qui per proteggere una brava persona – quando i carabinieri che presiedono la casa di Leombruni, dopo le minacce di morte, lì fermano per identificarli – doveva esserci una manifestazione siamo preoccupati”. Si riferiscono al sit-in organizzato dalle associazione ambientalisti, ma poi cancellato dal sindaco Antonio Cerasani.