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Giovane morto sulle piste di Ovindoli, due condanne in Corte d’Appello per i responsabili dell’impianto

Redazione Cronaca di Redazione Cronaca
28 Giugno 2019
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Ovindoli. Una lunga battaglia legale che si chiude in corte d’Appello con due condanne che riformano la sentenza di assoluzione in primo grado. Si tratta della vicenda che riguarda la morte di Edoardo Sigismondi, il 22enne romano che a gennaio del 2012 perse la vita dopo una caduta mentre stava sciando sulla pista “Settebello”.

La battaglia legale tra la famiglia Sigismondi e i titolari degli impianti da sci Monte Magnola di Ovindoli da quel giorno non si è mai interrotta  e il padre del ragazzo romano, Giuliano Sigismondi, non si è mai dato pace chiedendo giustizia per quell’incidente.

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La Corte d’appello, dopo una lunga camera di consiglio, nella tarda serata di ieri   ha emesso la sentenza di condanna nei confronti dell’imprenditore Giancarlo Bartolotti, titolare degli impianti sciistici Monte Magnola, e del direttore tecnico degli impianti Mauro Scipioni. Il terzo imputato, Massimiliano Bartolotti, proprietario della società  insieme al padre, è invece morto prematuramente il 2 settembre scorso. Ora si attendono le motivazioni  che hanno portato al ribaltamento della sentenza, recentemente anche al centro di forti  contestazioni.

Polemiche sollevate da un servizio della trasmissione televisiva Mediaset, Le Iene. Giulio Golia aveva infatti dato la caccia al giudice che aveva emesso la sentenza,  Stefano Venturini,  e aveva intervistato i genitori della vittima i quali non avevano  mandato giù l’assoluzione perché a loro dire il magistrato è maestro di sci e frequentava proprio gli impianti scenario della tragedia.

La famiglia della giovane vittima  fin dal primo momento aveva puntato il dito contro il cannone sparaneve che si trovava  sulla pista “Settebello”, accusando i gestori degli impianti perché le ferite riportate dal ragazzo, a detta loro, erano state causate proprio dall’urto contro il macchinario. Erano stati nominati cinque periti dalle parti per capire in che modo il ragazzo si era procurato le lesioni fatali. Emerse però in primo grado che le sette fratture che aveva riportato il giovane – alle braccia, alla spalla, alla vertebra cervicale – e lo sfondamento dell’occipide, erano state causate da una caduta avvenuta diversi prima del cannone. Tesi contrastanti quelle dell’accusa e della difesa che in primo grado avuto ragione. Ora la sentenza è stata ribaltata.

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