Avezzano. Non ci avevano creduto dall’inizio. Non era bastato quel post su Facebook in cui si parlava di suicidio. I familiari dell’avezzanese Marco Carli, 33 anni, da poco papà, trovato senza vita il 3 giugno 2015 nell’abitazione in via Boito a causa di un colpo di pistola, erano certi che non poteva essersi tolto la vita. E ora una perizia, dopo quasi due anni, come riportato dal quotidiano Il Centro riapre il caso. La morte era avvenuta poco prima della mezzanotte. Un solo colpo di pistola alla testa. Sul posto erano intervenuti i carabinieri cercando di ricostruire gli ultimi attimi di vita in casa, di cercare una lettera, un messaggio. Carli aveva postato sulla sua bacheca di Facebook una foto con l’immagine di un imprenditore che mostra un foglio con l’hashtag #iononmiammazzo. Ma ora potrebbe essere stata solo una coincidenza. Lo spiega una relazione balistica consegnata in procura.
Per tanti motivi, e perché conoscevano bene il 33enne, i familiari non avevano mai creduto alla tesi del suicidio, e ora il caso è tutto da rivedere. Una relazione del professor Martino Farneti, consulente tra i maggiori esperti di balistica, solleva dieci elementi che non quadrano e che fanno ipotizzare una scena del crimine diversa da quella ipotizzata. Tramite una simulazione sembra che possa esserci stata una collutazione, con il giovane in posizione sovrastante al presunto assassino, forse intenzionato a togliere l’arma dalle mani dell’aggressore. Successivamente il corpo del giovane padre sarebbe stato spostato e messo supino sul letto. Ora saranno eseguite dal Ris analisi sulla pistola per trovare del Dna appartenente a una seconda persona. Anomala anche la posizione della pistola che non era caduta per terra e del bossolo ritrovato in camera. L’inchiesta è coordinata dal sostituto procuratore della Repubblica di Avezzano ROberto Savelli, che ha riaperto il caso. Ora è stata chiesta l’esumazione della salma.