Avezzano. Vittima di un pirata della strada. E’ questa la conclusione delle investigazioni in merito alla tragica morte di Mariana Marku, l’intrattenitrice albanese trovata cadavere vicino alla carreggiata che congiunge la frazione di Cappelle a quella di Cese. In base ai rilievi e alle analisi medico legali eseguite sulla salma, la giovane albanese, barista in un locale notturno, sarebbe stata investita da un’auto il cui conducente si è dato alla fuga. Il caso, quindi, sarebbe risolto così. Ma qualcosa non quadra. Intanto manca il colpevole. E poi come è possibile che l’auto pirata sia proprio una macchina rubata. Secondo gli inquirenti, “le lesioni riportate dalla vittima presentano esclusivamente tracce evidenti e riconducibili all’impatto su un veicolo che procedeva a forte velocità. Nessun’altra lesione è presente, che possa fare ipotizzare un diverso scenario ovvero una concausa”. Il fatto che la vittima sia stata investita non significa che l’investimento sia un incidente. La ragazza albanese prima di essere investita potrebbe aver incontrato qualcuno. Dagli ultimi sms risulta che un uomo la stava cercando. Lei lo aspettava vicino ai binari. Lui, però, gli ha mandato una altro sms chiedendole dove fosse, perché lì probabilmente non la trovava. Ma l’incontro potrebbe esserci stato anche con una terza persona. potrebbe essere scoppiata una lite, lei potrebbe essere uscita dall’auto per tornare verso casa a piedi. Lui l’avrebbe potuta raggiungere e investirla. Dall’analisi del corpo infatti si è potuto appurare, con precisione, che la vittima è morta la sera della sua scomparsa e che, secondo i carabinieri, solo per una tragica coincidenza, il cadavere, pur rimasto in prossimità della strada, non è stato notato da alcun passante per quasi due giorni. Le tracce rilevate sulla strada indicano in maniera evidente la presenza di un veicolo che, proveniente a velocità elevata da Cappelle, ha sbandato lungo la curva sfregando la fiancata contro il guardrail. Secondo gli inquirenti, gli ultimi momenti di vita della vittima non presentano nessun lato oscuro e indicano nella tragica casualità la spiegazione dei fatti.
La ragazza, sempre secondo gli investigatori, camminava a bordo strada per rincasare poco distante, percorrendo un tratto non illuminato, non ha avrebbe avuto il tempo materiale di rendersi conto dell’accaduto, in un punto in cui i veicoli tendono a viaggiare, specialmente di notte, a forte velocità raggiungendo ad andatura sostenuta una curva che, se non è adeguatamente conosciuta, rischia di far perdere aderenza al veicolo. Il violento impatto avrebbe sbalzato il corpo della ragazza oltre il ciglio della strada. Ma il cadavere si trovava a sette, forse otto metri dall’asfalto e al di là del guardrail (vedi foto). L’auto pirata avrebbe dovuta farla volare per troppi metri.
I carabinieri dell’Aquila stanno ancora verificando la possibilità che il veicolo coinvolto sia proprio la Mercedes quello rinvenuto bruciato la mattina della scomparsa. Il fatto che la vettura fosse rubata, potrebbe in parte spiegare il perché l’occupante o gli occupanti si siano dati alla fuga negando, con condotta certamente criminale, qualunque tipo di soccorso alla vittima e tentando di cancellare con il fuoco le proprie tracce, che avrebbero condotto la persona, o le persone coinvolte a rispondere oltre che della morte di Mariana Marku, anche del furto della vettura. Se cosi fosse, però, non è chiaro perché l’auto sia stata bruciata proprio a pochi metri dal luogo dall’incidente anziché essere portata via e abbandonata altrove.
Sul fatto non esistono al momento, tuttavia, elementi certi e si attendono le analisi sui campioni di vernice repertati sul guardrail. Le indagini, coordinate dal Pubblico Ministero della Procura della Repubblica di Avezzano, Dr. Guido Cocco, titolare del relativo procedimento penale, non sono certo terminate e gli inquirenti stanno tentando di rintracciare ogni ulteriore possibile elemento o testimonianza che possano contribuire all’identificazione dell’autore del reato e di quant’altri presenti con lui.