Tagliacozzo. Si infittisce il giallo di San Donato e dopo la riapertura del caso da parte del giudice per le indagini preliminari Maria Proia, ora ogni particolare emerso durante le indagini sembra acquisire nuova luce.
La lite. Secondo la testimonianza di un agricoltore, infatti, a quell’ora proprio dalla zona dell’orto dove Maria Teresa Campora (44) è stata trovata agonizzante a causa di diverse coltellate al cuore, sarebbero state sentite delle urla. Urla compatibili però a una lite, con diverse voci.
Il paese. Ora torna il terrore in paese. Dopo 25 anni la storia si ripete. C’è ancora un assassino mai trovato per il delitto di Anna Rita Di Domenico, avvenuto il 23 novembre 1989. Ora c’è un altro caso irrisolto. Saranno le indagini a chiarire l’accaduto. Sono numerosi gli indizi e il materiale su cui gli investigatori dovranno lavorare.
La frattura. La vittima, sempre secondo il giudice, ha riportato una frattura della costola, difficilmente compatibile con un suicidio data l’esile corporatura della donna. Spingendo il coltello contro il torace, aiutandosi con l’albero che aveva vicino, non avrebbe mai potuto avere la forza di fratturare la costola. Al suicidio non hanno mai creduto né i genitori, che si sono opposti all’archiviazione chiedendo la riapertura del caso, né il marito.
Il Dna. Inoltre, è emerso che Maria Teresa Campora potrebbe essersi difesa lottando, prima di essere raggiunta dai fendenti al cuore. Sotto i polpastrelli della donna, secondo il gip, è stato trovato materiale biologico, sia nella mano destra, sia nella sinistra. Secondo le analisi del dna, eseguite dal reparto investigazioni scientifiche dei carabinieri, si tratta di pelle umana di due diversi soggetti e con un diverso profilo genetico, uno appartenente a un uomo e uno relativo a una donna. La commerciante, quindi, prima di morire si sarebbe difesa, combattendo contro due persone.
I lividi. Il corpo, inoltre, presentava anche dei lividi dietro le braccia, come se fosse stata afferrata da qualcuno per essere tenuta ferma. Al momento del ritrovamento, la donna era agonizzante. Indossava un paio di jeans e una maglietta, sollevata fino al petto. Ma come avrebbe potuto procurarsi da sola quei lividi?
Le impronte. Quelle trovate sul bigliettino d’addio lasciato nella macchina a pochi passi dall’orto non sono sue. Sul foglio manoscritto sono state rinvenute tre impronte digitali. Di queste, solo una è compatibile con quelle della vittima. Le altre due appartengono ad altre persone. Sul biglietto c’era scritto “Lascio tutto come vuole papà”. Ma come è possibile che quel foglio sia stato afferrato da altre persone? E Quando?