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Focolaio tbc nel Parco, associazioni in rivolta. Ministero: catturare subito il bestiame infetto

Redazione Cronaca di Redazione Cronaca
21 Febbraio 2015
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Gioia. Le dichiarazioni del direttore del servizio sanitario animale hanno provocato una vera e propria rivolta da parte delle associazioni del settore. Sulla vicenda sono intervenuti Luciano Di Tizio del Wwf, Stefano Allavena di Lipu, Mario Viola Marano di Mountain Wilderness, Pierlisa Di Felice di Pro Natura e Stefano Orlandini di Salviamo l’Orso. Le associazioni hanno ribattuto a chi dichiara che la causa dell’infezione di tbc bovina nel Pnalm sia la fauna selvatica e non il bestiame domestico: “e come si concilia il rifiuto di vietare il pascolo nell’area con l’affermazione che tra il 20 ed il 30% della fauna selvatica sarebbe infetto da tbc?” si chiedono. All’indomani del comunicato in cui Salviamo l’Orso denunciava il crescente rischio di un’estinzione improvvisa dell’orso marsicano minacciato nel Pnalm da un infezione di tubercolosi bovina ormai presente nell’area da oltre due anni, che ha già causato la morte di un’orsa nel marzo 2014 anno e probabilmente di altra fauna selvatica, le associazioni registrano dichiarazioni rilasciate dal direttore del Servizio sanità Animale della Asl, Luigi Imperiale, in cui si afferma al Tgr che la fonte dell’infezione sarebbero gli ungulati selvatici (cervi e cinghiali) vero e proprio serbatoio di potenziali infezioni; che mancano i dati di monitoraggio sulla fauna selvatica; che gli allevamenti sono tutti controllati e indenni; che l’ obiettivo più o meno recondito è quello di vietare il pascolo nel Parco con conseguenze drammatiche per 15 famiglie di allevatori.Orso vicino al bestiame
“Premesso che se le dichiarazioni del dottor Imperiale fossero tutte attendibili le tesi da lui sostenute si annullerebbero tra di loro in quanto se mancano o sono insufficienti, i dati sui selvatici (detto per inciso: la competenza è comunque della ASL!), come si può sostenere che proprio i selvatici siano i vettori della infezione? Inoltre”, si aggiungono le associazioni, “se anche così fosse, i pascoli del Parco sarebbero infetti e quindi il bestiame domestico che li frequenta ne sarebbe immediatamente contagiato e pertanto non può essere considerato indenne da Tbc e altre zoonosi”.
Sfortunatamente per chi diffonde tali tesi ad oggi il batterio della Tbc bovina (il nome è una garanzia) è stato isolato (dalla stessa Asl) a Gioia dei Marsi dal 2011 ad oggi solo in un numero imprecisato, di vacche vitelli e tori. Se la fauna selvatica viene infettata cosi come è avvenuto nel caso dell’orsa rinvenuta moribonda a Sperone nel comune di Gioia dei Marsi e poi deceduta nel 2014, la fonte dell’infezione è pur sempre il bestiame domestico, come dimostrato da numerose pubblicazioni note a tutti gli addetti ai lavori. I laboratori di Brescia dell’Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna hanno certificato che il batterio isolato nel bestiame nel 2012 è lo stesso responsabile della morte dell’orsa nel 2014″. Insomma, per le associazioni la tesi del direttore Asl non sono fondate. Il Ministero della Salute dal giugno scorso e con note successive ha chiesto la chiusura del pascolo nell’area infetta ma questo non è mai avvenuto , ma addirittura, a quanto pare, ci si appresta, da parte del Comune di Gioia dei Marsi, del Servizio sanità animale della Regione Abruzzo e dell’Asl1, ad autorizzarlo nuovamente la prossima estate. “Come può essere giustificato un tale atteggiamento persino alla luce delle dichiarazioni di chi continua a dire che fonte dell’infezione sarebbe la fauna selvatica?”, si domandano i presidenti delle associazioni, “se cosi fosse sarebbe addirittura ancora più urgente una immediata moratoria sul pascolo in tutta l’area per bonificarla e bisognerebbe attuare una campagna di cattura degli ungulati selvatici per monitorarne lo stato sanitario . O gli allevatori vogliono forse che il loro bestiame continui ad infettarsi?”

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