Tagliacozzo. Concerto al tramonto per XXXIX edizione del festival internazionale di mezza estate, nella luce del tramonto agostano nell’incantevole cornice del santuario della Madonna dell’Oriente, domenica 6 agosto, alle ore 19.
Il direttore artistico del festival Jacopo Sipari di Pescasseroli, che ha firmato il cartellone, realizzato col patrocinio del Mic, della regione Abruzzo, della città di Tagliacozzo, grazie alla aperta visione del sindaco Vincenzo Giovagnorio e del suo assessore alla cultura Chiara Nanni, della Banca del Fucino e della Fondazione Carispaq ,ha scelto la golden hour del tramonto per proporre al suo pubblico tre dei sei concerti brandeburghesi di Johann Sebastian Bach, affidandone l’esecuzione all’Orchestra del progetto Syntagma, con direttore e solista Gabriele Pro.
Clima fortemente emozionale venerdì sera, nel raccolto teatro Talia, forse un segno la pioggia che ha costretto l’organizzazione a spostare al coperto il concerto celebrativo della nascita di Rachmaninov e alla memoria del M° Aurelio Iacolenna, con il pianista Giuseppe Albanese magnifico interprete del secondo concerto del genio russo insieme all’ Orchestra Sinfonica abruzzese, diretta da Dian Tchobanov. Dimensione puramente musicale costruita quella a virtuosismo intellettuale del pianista nel concerto in Do Minore di Rachmaninov, il cui Adagio sostenuto si è empaticamente incontrato con la semplice melodia della pagina di Aurelio Iacolenna “Prelude au miroir de l’ame”, trade union tra i due frammenti, certamente l’impasto timbrico dei legni: ance pure per Iacolenna, quelle del ricordo e della nostalgia (“Addio del passato” sinfonia “Forza del destino” e “Lucevan le stelle” per fra qualche esempio) con l’oboe a proporre la melodia, mentre al clarinetto sposa il flauto Sergej Rachmaninov, alla ricerca dell’equilibrio totale, entrambi i compositori e di una ingenua innocenza che non teme la deriva sentimentalistica, in un momento di comprensione e partecipazione nell’ampio respiro del disegno complessivo.
Standing ovation per il solista che ha continuato a “volare” sulla tastiera rispondendo all’abbraccio del pubblico con l’ Hedwig’s theme, la civetta di Harry Potter, composto da John Williams, nell’ arrangiamento di Jarrod Radnich. Finemente sottolineata la tensione armonica della seconda sinfonia di Brahms, da parte di Tchobanov, mai disdegnando la suadenza melodica e i momenti lirici della pagina sinfonica. Domenica, al tramonto, il programma è dedicato ai Concerti Brandeburghesi. Dalla prospettiva dei posteri erano particolarmente fortunate, le condizioni concesse presso la corte del principe Leopold di Anhalt Köthen, al cui servizio Bach trascorse gli anni fra il 1717 e il 1723, dove il suo impegno non prevedeva la massiccia produzione di musica sacra dovuta invece durante altri incarichi: gran parte delle sue composizioni strumentali giunte fino a noi sono, in effetti, riconducibili a quel periodo, in cui maturò una cifra propria e originale, anche impadronendosi di stili, modi e forme di tradizioni diverse da quelle della Germania luterana. Nel marzo del 1721, Bach raccolse sotto la dicitura Sei concerti per più strumenti alcuni brani, senz’altro composti in precedenza eseparatamente.
Non si tratta di un ciclo, ma Bach nel raggrupparli, e probabilmente completarli e modificarli, cercò chiaramente una coerenza complessiva. Il modello alla base è quello, semplice e flessibile, del concerto grosso di Torelli, Corelli e Vivaldi, con un piccolo gruppo (concertino) che si alterna con l’ensemble completo (ripieno) e una struttura in tre movimenti veloce-lento-veloce, ma la varietà di combinazioni strumentali e coloristiche nonché di trattamenti della forma è stupefacente. Si inizierà con il terzo in sol maggiore BWV 1048, esempio culminante di uno dei due modi di trattare l’interazione nell’ensemble, l’impiego di forze strumentali molto ben bilanciate che si contrappongono e rispondono come cori strumentali: qui l’organico, tre violini, tre viole e tre violoncelli, oltre al basso continuo, è anche timbricamente omogeneo, eppure Bach riesce a creare un caleidoscopio di sonorità, con continui cambiamenti di combinazioni strumentali ogni volta nuove. Fra un primo movimento rapido interamente costruito su un breve motivo di tre note e un Allegro conclusivo in forma di giga, il manoscritto include una sola battuta di Adagio con due accordi cadenzali; l’assenza di un movimento centrale è anomala, ma è improbabile che sia andato perduto, sicché quelle due battute vengono spesso interpretate come l’occasione per il clavicembalista o il primo violino di introdurre una cadenza improvvisata.
Il Quinto Concerto Brandeburghese in re maggiore, BWV 1050, che segue, è un brano più complesso, fin dalla scelta degli strumenti solisti: un violino, un flauto traverso e un cembalo concertante. È la prima volta che il ruolo solista in un concerto viene affidato a uno strumento a tastiera: la pagina si può, quindi,considerare progenitrice di uno dei generi più importanti nella storia della musica sette-ottocentesca. Bach ebbe piena coscienza dell’innovazione, visto che si preoccupò di mettere in evidenza proprio il ruolo solista del clavicembalo: a questo strumento è, infatti, affidata una gigantesca cadenza, scritta per intero, verso la fine del movimento iniziale. È un altro gesto innovativo: fino a questo momento, e ancora per molti decenni a venire, le cadenze venivano improvvisate. Bach voleva evidentemente sottolineare l’importanza del clavicembalo e prescrisse, quindi, con esattezza, sia la durata, davvero fuori dal comune, sia i materiali musicali della cadenza. Il movimento lento è riservato ai tre solisti, impegnati in un delicatissimo gioco di richiami e di imitazioni, e sembra quasi prefigurare la sonorità della grande Sonata in Trio,che Bach inserirà nell’Offerta Musicale, che al Fime ascolteremo l’8 agosto. Il finale è basato sulla scrittura fugata, e si articola in un vivace ritmo di Giga, ma i tradizionali ruoli sono, significativamente, invertiti: qui i materiali musicali sono proposti dai solisti, e solo in un momento successivo l’orchestra partecipa al dialogo e al “cum-certare”, la festosa “gara” musicale con cui si conclude questo brano.
Ultimo della serie, ma primo in ordine di composizione (1718), il sesto Concerto in si bemolle maggiore, BWV 1051 è, un Concerto per soli archi. La novità è che, mancando i violini, gli strumenti di suono medio e grave creano una sonorità inconfondibilmente scura e brunita. Lo spazio dato alla funzione solistica e concertante delle viole è un elemento nuovo e importante. Sono, infatti, le viole a esporre la maggior parte del materiale melodico, mentre gli altri strumenti producono un sostegno polifonico incessante, contrappuntisticamente assai elaborato e di intensità via via crescente. In tutto simile al contesto sonoro della Sonata a tre è l’ “Adagio ma non troppo” centrale, in cui il tema austero ed espressivo viene sottoposto ad una fitta rete di imitazioni fra le due viole soliste. A concludere il Concerto, Bach pone un Allegro sul ritmo rilassato e gioioso di 12/8 la cui ripetizione nei ritornelli del Tutti è spezzata e variata da una serie di episodi virtuosistici e imitativi.