L’Aquila. I Finanzieri del Nucleo Polizia Tributaria di L’Aquila, su ordine del Procuratore della Repubblica Alfredo Rossini e del Sostituto Procuratore Stefano Gallo, hanno eseguito tre ordinanze di custodia cautelare agli arresti nella propria abitazione di tre pubblici funzionari, tra cui c’è anche un marsicano, debellando un gravissimo fenomeno di illeciti favoritismi nei confronti di pregiudicati oltre che di organizzati falsi in atti pubblici per coprire un diffuso fenomeno di assenteismo. Due degli infedeli funzionari colpiti dalle custodie cautelari appartengono al Tribunale di Sorveglianza di L’Aquila, il che, se da un lato desta maggiore allarme sociale (nella sua giurisdizione ricadono istituti carcerari in cui è applicato il 41 bis dell’ordinamento penitenziario), dall’altro è data prova della capacità di efficiente contrasto di ogni tipo di infiltrazione criminale anche negli uffici giudiziari, da parte della Magistratura stessa e delle Forze dell’Ordine, e nello specifico del Nucleo di Polizia Tributaria di L’Aquila, che ha coltivato l’indagine iniziata dalla Compagnia di Avezzano. L’altro funzionario è un esponente del Coordinamento Interdistrettuale per i Sistemi Informativi Automatizzati (CISIA) abruzzese in servizio presso la Corte d’Appello di L’Aquila. Intuitiva, pertanto, è la delicatezza della funzione ricoperta e l’importanza che rivestiva tale funzionario per l’organizzazione informatica degli uffici giudiziari aquilani. Avere scoperto e dimostrato le gravi infedeltà commesse (sostanzialmente, di illecito supporto tecnico dei funzionari del Tribunale di Sorveglianza colpiti dalla misura), se per un verso impressione la stessa Magistratura inquirente, dall’altro garantisce anche in tal caso dell’efficienza dei sistemi dei sistemi di controllo di legalità interno agli ufficiali di polizia giudiziari. La Magistratura, con questa indagine, portata a termine grazie alla perseveranza della locale Guardia di Finanza, assicura, pertanto, anche al suo interno una seria profilassi. Gli uffici giudiziari aquilani, al di là dei singoli episodi di infedeltà, sono risultati sani ed immuni da altri fenomeni di infiltrazione. Le indagini sono state condotte su binari di investigazione classica: intercettazioni telefoniche e telematiche; pedinamenti ed osservazioni; consulenze telematiche e grafologiche; sequestri di hardware e software; perquisizioni degli uffici giudiziari, delle abitazioni e di altri uffici; audizioni di testimoni; riscontri incrociati su documenti anche giudiziari acquisiti. La collaborazione offerta dai Magistrati e dal personale degli uffici giudiziari coinvolti è stata completa, organica ed esaustiva ed ha non poco agevolato l’opera di ripristino della legalità violata dai funzionari infedeli. L’indagine si snodata su tre distinti filoni. In primo luogo, è stato riscontrato lo stretto rapporto di compiacenza che uno dei cancellieri del Tribunale di Sorveglianza di L’Aquila, oggi attinto dalle misure cautelari, intratteneva con pregiudicati marsicani, ai quali comunicava informazioni, coperte da segreto, inerenti allo stato delle procedure adottate per la concessione di permessi o per altri tipi di autorizzazioni, in alcuni casi, giungendo persino a predisporre le relative richieste. Un altro scenario su cui è stata incentrata l’indagine ha riguardato le illecite modalità con le quali venivano registrati gli orari di inizio e termine dal servizio presso il Tribunale di Sorveglianza. In merito, gli accertamenti svolti hanno consentito di riscontrare numerosi accessi illeciti al sistema informatico in uso presso il Ministero della Giustizia, effettuati dai funzionari ora sottoposti a misure cautelari, allo scopo di registrare orari di servizio in realtà non svolti dai colleghi infedeli, che in tali occasioni non erano presenti sul luogo di lavoro. L’ultimo aspetto oggetto d’indagine ha riguardato il pubblico concorso per l’abilitazione alla professione di avvocato che si è tenuto a L’Aquila lo scorso dicembre 2010. In tale circostanza, le indagini hanno fatto luce su un complesso ed articolato piano ordito dai predetti pubblici funzionari (membri dell’organo di vigilanza ma prontamente allontanati dalla sede d’esame) con la collaborazione di un terzo soggetto, allo scopo di favorire una candidata partecipante all’esame di Stato. L’attività d’indagine, nel corso della quale si appurava che la Commissione esaminatrice aveva già autonomamente ritenuto non idonea la candidata che si era tentato di agevolare, non ha offerto aspetti d’interesse investigativo ulteriori a quelli scoperti e denunciati.