di Giampietro Contestabile*
Avezzano. L’epicondilite rientra tra le tendinopatie, in quanto è un’infiammazione dei tendini. Viene detta inserzionale perché interessa l’inserzione su una parte laterale dell’osso del gomito – chiamata epicondilo – dei muscoli epicondilei. Questi muscoli, estensori dell’avambraccio, consentono il sollevamento della mano e del polso e il piegamento all’indietro delle dita. Poiché l’articolazione del gomito interessata a tale patologia si trova tra omero e radio, viene, talora, anche definita radiale od omerale. A seconda dei muscoli interessati, poi, si parla di epicondilite laterale, mediale o posteriore.
L’epicondilite, essendo una patologia degenerativa infiammatoria della giunzione osteo-tendinea dovuta ad azione meccanica (in altri termini, a movimenti eccessivamente ripetuti o effettuati con troppa intensità) frequente in coloro che seguono la pratica del tennis o del golf, viene spesso anche chiamata “gomito del tennista o del golfista” anche detta sindrome da overtraining.
Questa patologia colpisce però, se pure in misura ridotta, anche altri sportivi (giocatori di baseball, schermitori, nuotatori, ecc.) e lavoratori che utilizzano in modo eccessivo i tendini della parte esterna o interna del gomito come pittori, muratori, carpentieri, operatori del computer. La sua incidenza è tra l’1 e il 3% della popolazione generale e attorno al 15% dei lavoratori delle industrie a rischio. Tipicamente insorge in soggetti di età compresa tra i 30 e 50 anni, essendo considerata una “over-use syndrome”, cioè una patologia la cui causa è riconducibile, oltre a un’abnorme sollecitazione, a un fisiologico logoramento involutivo delle strutture tendino-inserzionali.
Sintomi dell’epicondilite
Il sintomo classico è naturalmente il dolore molto localizzato nella regione laterale del gomito, a livello dell’epicondilo, che si irradia a volte lungo il bordo radiale dell’avambraccio e viene risvegliato nei movimenti di estensione e supinazione.
Può capitare anche che il paziente lamenti una sensazione di debolezza a livello del braccio, anche sollevando pesi modesti, ad esempio un bicchiere. Oppure compiendo semplici movimenti come aprire una serratura o stringere la mano. Il dolore, in genere, tende comunque a diminuire con il riposo notturno.
Anche se la sintomatologia nelle fasi iniziali, spesso, è modesta, è meglio non sottovalutarla né giudicarla banale, dal punto di vista clinico. Considerate le difficoltà terapeutiche della patologia, che in alcuni casi può diventare invalidante, oltre alla frequenza di recidive, una valutazione clinica e diagnostica rigorosa e tempestiva favorisce eventualmente interventi preventivi efficaci e corretti.
Diagnosi dell’epicondilite
Lo specialista dopo un’accurata anamnesi, cioè un’attenta valutazione delle informazioni che gli vengono riferite dal paziente, procede all’esame clinico, cercando di individuare i principali segni legati a tale patologia.
In genere, si accerta la provenienza del dolore attraverso la palpazione diretta dell’epicondilo radiale-omerale, verificando contemporaneamente che non vi sia la presenza di una eventuale modesta tumefazione locale.
Poi si constata l’insorgenza del dolore, inducendo alcuni movimenti al paziente, quali, ad esempio:
- l’estensione del polso contro resistenza a gomito flesso (manovra di Cozen);
- la supinazione contro resistenza sempre a gomito flesso;
- la pronazione passiva forzata con polso flesso e gomito esteso (manovra di Mills).
Le indagini radiologiche convenzionali non sono molto utili nella diagnosi di epicondilite. Solo nella fase avanzata della malattia possono rivelare, infatti, formazione di calcificazioni vicino all’inserzione dei tendini. Vi si ricorre, piuttosto, nel caso si sospetti che il dolore sia dovuto a lesioni ossee o ad altra patologia introarticolare.
Cause della epicondilite
Le cause scatenanti dell’epicondilite possono risalire a un singolo trauma piuttosto importante o, più frequentemente, a una serie di microtraumi (dovuti sia ad errori nell’esecuzione di movimenti iterativi e di gesti tecnici sia di origine endogena) che finiscono per indebolire, fino addirittura a lacerare, le fibre del tendine estensore radiale breve del carpo. Occorre considerare, però, che sintomi simili alla epicondilite possono essere dovuti ad altre cause, che lo specialista avrà cura di verificare. Ad esempio, patologie a carico del gomito (patologia articolare, instabilità legamentosa, sofferenza del nervo radiale, corpo mobile, ecc.), sindrome del tunnel carpale alla mano, tendinite della cuffia dei rotatori alla spalla, artrosi cervicale, ecc.
Cura e terapia primaria 1° step
Ecco i cinque punti chiave per proteggere il gomito in presenza di epicondilite:
- Protezione. Proteggete il gomito da ulteriori lesioni mettendolo a riposo. Se i sintomi sono provocati da attività o da sport particolari, non praticateli finché i sintomi non migliorano.
- Riposo. Non fate lavorare troppo il gomito, ma non lasciatelo nemmeno immobile. In molti casi è sufficiente indossare una guaina elastica sull’avambraccio di notte per diminuire i sintomi.
- Ghiaccio. Per diminuire il gonfiore usate la borsa del ghiaccio, i massaggi con la borsa del ghiaccio, i bagni nell’acqua fredda o la guaina elastica impregnata d’acqua fredda. Cercate di applicare il ghiaccio il prima possibile dopo la comparsa del dolore.
- Compressione. Usate una benda o una guaina elastica per comprimere la zona lesionata.
- Elevazione. Quando possibile cercate di alzare il gomito al livello delle spalle per prevenire o diminuire il gonfiore.
Trattamento fisioterapico 2° step
Il trattamento fisioterapico è indicato come primo step nelle epicondiliti minori o li dove lo specialista vuole evitare l’intervento in un primo momento l’intervento chirurgico.
Lo specialista in fisioterapia ha con se molte armi per eliminare l’infiammazione in , oggi tra le più usate c’è la terapia ad onde d’urto,affiancata dalla T.E.C.A.R e un buon laser ad alta frequenza. Oltre ovviamente alle terapie manuali convenzionali.
*Laureato in Scienze motorie e fisioterapia