Luco dei Marsi. La vicenda del CAM sta tenendo con il fiato sospeso tutta la Marsica. I fatti ormai sono ben noti: Marivera De Rosa, neosindaco di Luco dei Marsi, ha deciso di pignorare i conti correnti del Cam da cui vanta un credito di ben 900.000 euro. Fin qui tutto sembrerebbe corretto anzi, ci si potrebbe chiedere perché non sia stato fatto prima, se non fosse che il comune di Luco dei Marsi è socio del Cam per un 4%. Questo significa che oltre ad essere creditore nei confronti di questa società compartecipata, ne è anche debitore, soprattutto nei confronti degli altri 26 comuni che a loro volta hanno debiti (di gran lunga superiori) con il consorzio acquedottistico. Ecco quindi che, in caso di fallimento dell’ente, il comune di Luco non solo si ritroverebbe a non poter incassare il credito, ma con la ripartizione dei debiti si ritroverebbe a dover pagare circa 3 milioni di euro. Nei giorni scorsi, però, nello scenario si è inserita una nuova variabile. La Segen, un’altra compartecipata che nei confronti del comune di Luco vanta un credito di 930.000 euro. Questa aveva già proposto un piano di rientro che prevedeva una quota iniziale di versamento e poi rate mensili, con atto ingiuntivo in caso di mancato pagamento.
Per il Cam, nella situazione inversa, il Comune di Luco chiede condizioni diverse, più severe riguardo alle garanzie, con il pignoramento dei conti, appunto a garanzia del credito. A questo punto i comuni soci della Segen, se la De Rosa non accettasse le condizioni, potrebbero intraprendere la stessa identica procedura nei confronti del comune di Luco, quindi chiedere il pignoramento dei conti correnti del comune e bloccarne l’operatività. Vediamo quindi gli scenari che potrebbero aprirsi, caso per caso. L’ipotesi più plausibile, attualmente, è quella che la De Rosa vada avanti per la sua strada. In questo caso le conseguenze non sarebbero disastrose solo per il Cam, con 140 famiglie che si ritroverebbero senza stipendio, ma per la Marsica intera. Il fallimento del CAM scaricherebbe immediatamente i debiti dall’ente ai diversi comuni soci (tra cui anche quello di Luco). Nel migliore dei casi per i 26 comuni si prevedono diversi anni di grave austerità, che ovviamente prevedrebbero l’aumento delle tasse e si ripercuoterebbero sui servizi alla popolazione. Probabilmente i comuni più grandi sopravvivranno e qualcuno più piccolo potrà essere commissariato, ma paradossalmente, il comune che potrebbe rimetterci di più, potrebbe essere proprio quello da cui è partito tutto, perché oltre a dover sostenere i 3 milioni di euro di debiti, dovrebbe anche far fronte a quelli richiesti dalla Segen. Ma tutto ciò non costituirebbe un terremoto solo per i comuni, ma anche per altri settori, di gran lunga più disagevoli per la società. Ogni giorno i tecnici del CaM oltre a garantire che l’acqua arrivi nelle case, garantiscono anche la fornitura alle aziende del nucleo industriale (LFoundry in testa) e agli ospedali. Se non si trova un accordo subito, entro poche ore le aziende ospedaliere potrebbero trovarsi senza acqua corrente, con conseguenze pericolosamente imprevedibili, mentre le fabbriche del nucleo industriale, già messe a dura prova dalla terribile crisi economica, potrebbero subire nuove e gravissime ripercussioni finanziarie. A questo punto la domanda è lecita: dopo questo “calcio all’alveare” a che gioco sta giocando il sindaco De Rosa? Si tratta semplicemente di una mossa che serve a ristabilire chissà equilibri politici o ha ancora qualche asso nella manica ancora da scendere? Oppure, ipotesi che prende sempre più piede tra gli addetti ai lavori, la neosindaca non vuole barcamenarsi tra debiti e crediti e, in un colpo solo, vorrebbe risolvere le gravi difficoltà economiche che da decenni affliggono il comune di Luco per avere più margine di manovra e non ritrovarsi, scusate il gioco di parole, con l’acqua alla gola? Ci si auspica che una soluzione/mediazione arrivi al più presto, ma che sia ben lontana da quelle palliative proposte dell’avvocato di Fontamara, dove di fronte alla pretesa dell’impresario di aver in usufrutto l’acqua per 50 anni, suggerì di ridurre il termine a soli 10 lustri. @francescoproia