Avezzano. Avevano individuato la zona della Marsica, e in particolare del Fucino, tra Luco e Avezzano, come luogo ideale per delocalizzare la produzione della marijuana, attività’ da lungo tempo svolta nella provincia di Napoli. L’indagine della Direzione distrettuale Antimafia dell’Aquila si è conclusa nei confronti di 12 persone, otto delle quali già arrestate nell’ambito dell’operazione messa in atto nel Fucino a maggio scorso. Secondo l’accusa ci sarebbe stato un primo tentativo di insediamento nel 2015 a Luco dei Marsi, ma la piantagione non era andata a buon fine a causa di alcuni errori commessi nella gestione della coltivazione ed era stata data alle fiamme. Dopo il sequestro e gli arresti del 2016 l’associazione non si era però scoraggiata.
L’operazione si ricollega infatti all’ingente sequestro del 28 settembre 2016, quando i militari scoprirono una coltivazione di marijuana nelle campagne di Luco dei Marsi , camuffata da piante di mais. Un tentativo di coltivazione, poi fallito, era stato fatto nel 2017, nelle campagne tra Scurcola Marsicana e Capistrello. Gli accusati ritenevano infatti di poter continuare a operare in questa zona in maniera pressoché indisturbata, confidando in una scarsa azione di controllo da parte delle forze dell’ordine del posto.
Gli accusati nell’inchiesta, quattro residenti nella Marsica e altri nel Napoletano, sono Romeo Pane, Antonio Criscuolo, Pasquale Di Nicola, Ginafranco Scipioni, Veronica Casillo, Gennaro Casillo, Anna Scotto Di Gregorio, Diodato Di Martino, Carmine di Lorenzo, Ciro Gargiulo, Antonino Di Lorenzo e Ramadani Meriton.
Due boss sono coinvolti nella vicenda. Le posizioni di Antonino Di Lorenzo “o’ lignammone” e il suo sodale Ciro Gargiulo “o’ biondo”, sono state ritenute rilevanti dalla magistratura abruzzese. Sono accusati di appartenere a clan camorristici radicati nella provincia di Napoli dediti in via quasi esclusiva al traffico anche internazionale di stupefacenti, esperti nell’attivita’ di coltivazione di piantagioni di marijuana, individuati come finanziatori e coordinatori nell’area campana di numerose coltivazioni di stupefacenti.
L’indagine ha evidenziato che i due uomini svolgevano un ruolo apicale all’interno dell’associazione smantellata, provvedendo al finanziamento delle operazioni e al coordinamento delle attività di semina, cura e raccolto, funzionali poi alla lavorazione e alla successiva commercializzazione dello stupefacente.