Tagliacozzo. Il Palazzo Ducale oggi ospiterà la proiezione del film Tahrir Liberation square di Stefano Savona. Un film per raccontare le due settimane che hanno aperto per l’Egitto la possibilità di cambiamento, fatto con i dialoghi, i volti e le azioni dei ragazzi che si sono esposti in prima persona per riconquistare la propria libertà. Il 25 gennaio del 2011 in piazza Tahrir iniziano le proteste, condotte da migliaia di persone provenienti da tutto il paese e dalle situazioni sociali più disparate. In oltre due settimane di lotta i manifestanti riescono a portare alle dimissioni il presidente Hosni Mubarak, al potere da 30 anni. Il regista Stefano Savona ha vissuto in prima persona gli scontri, le discussioni, le paure e le vittorie della piazza, documentando e registrando. Cairo, febbraio 2011. Tahrir è un film scritto con i volti, con le mani, con le voci di chi stava in piazza. La prima cronaca in tempo reale della rivoluzione, a fianco dei suoi protagonisti. Uno spettacolo insieme tragico ed esaltante. Il racconto inedito e appassionato di una scoperta: la forza dirompente dell’agire in comune. Un ragazzo ferito alla testa si regge su un bastone davanti alle barricate della Piazza assediata; incita i compagni a continuare la lotta, li sprona ad andare là dove i mercenari di Mubarak stanno attaccando. Non grida, parla con la determinazione serena di chi si trova esattamente nel punto dove voleva essere e dove non avrebbe mai pensato di arrivare. Elsayed, Noha, Ahmed sono giovani egiziani di poco più di vent’anni. Una settimana fa sono scesi a manifestare contro il regime di Mubarak e si sono ritrovati ad essere gli attori di una rivoluzione. Sono venuti da tutto l’Egitto, da Alessandria, da Luxor, da Suez. Occupano la Piazza notte e giorno, parlano, urlano, cantano insieme ad altre migliaia di egiziani tutto quello che non hanno mai potuto dire apertamente. Le repressioni sanguinose del regime rinforzano la protesta; in Piazza Tahrir si resiste, si lotta, si impara a discutere e a lanciare pietre per difendersi, a inventare
slogan e a curare i feriti, a sfidare l’esercito e a preservare il territorio appena conquistato: uno spazio di libertà, un centro di democrazia in cui si dorme poco, si discute di politica, si intavolano dibattiti con degli sconosciuti, ci si ubriaca di parole. Diciotto giorni in Piazza Tahrir cambiano la vita a tutti, ma soprattutto ai giovani che questa rivoluzione l’hanno iniziata uscendo dal mondo virtuale di facebook dove per la prima volta si erano riuniti.