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Dal “paninazzo ignorante” al Campidoglio: Il Postaccio spegne dieci candeline (e accende ancora sogni)

Quando un progetto coraggioso diventa un luogo dell'anima

Giorgia D'Ascanio di Giorgia D'Ascanio
23 Aprile 2025
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C’è qualcosa di magico che accade quando la determinazione incontra la creatività. Dieci anni fa, con risorse limitate ma una visione chiara, nasceva nel centro di Avezzano un esperimento destinato a diventare un’istituzione: “Il Postaccio“.

Un nome che nasceva come autoironia, quasi a voler abbassare le aspettative, per poi ribaltarle completamente. Perché in fondo era chiaro fin da subito che lì non avreste trovato tovaglie stirate o posate d’argento. Ma l’accoglienza sì, quella vera. Quella che profuma di casa, di griglia accesa e di gente che brinda anche se non c’è un motivo preciso.

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Era l’ultima chance, l’ultima corsa prima di cedere al “lavoro vero”, come si dice quando si pensa che i sogni siano troppo grandi per riuscirci davvero. Invece no. Il Postaccio è nato come una scommessa, una scommessa vinta con il sorriso.

I primi ricordi…

I primi giorni? Panico e magia. Un panino, un tagliere, una birra. I primi sorrisi. Quelli che ancora oggi, dieci anni dopo, sono la moneta più preziosa che gira tra quei tavoli — diversi tra loro, certo, ma tutti testimoni di infinite chiacchiere, risate, amori nati e amarezze digerite con un buon crostone.

In questo angolo di Avezzano, nel cuore della Marsica, è sbocciato più di un locale: è sbocciato un luogo. E che luogo. Operaio e avvocato, studente e pensionato, famiglie e viaggiatori di passaggio — al Postaccio ci si siede uno accanto all’altro e non fa differenza chi sei o da dove vieni. Qui sei tu, e sei il benvenuto. Tutti mordono con lo stesso entusiasmo quei panini che sono diventati leggendari in città. Tutti si sentono a casa.

Dieci anni di relazioni, più che di ristorazione

La filosofia? Semplice e onesta. Piatti che raccontano la terra, i suoi ritmi, le sue stagioni. Taglieri che sono viaggi, panini “ignoranti” ma pensati col cuore, crostoni che sanno di nonna e di novità allo stesso tempo. E poi le birre, scelte con cura, e il desiderio costante di offrire un’esperienza, non solo un pasto.

Il locale, negli anni, è cresciuto. Ma mai troppo. Ha mantenuto quella sua anima artigianale, quel legno scrostato che ha visto mille brindisi, quella parete scritta a mano che custodisce le frasi lasciate da chi ci ha messo un pezzetto di sé. Oggi è più curato, certo. Ma è ancora il calore delle persone a renderlo bello.

Dai panini “ignoranti” al Campidoglio: un’ascesa sorprendente

E nel frattempo, tra un panino e un sorriso, Il Postaccio ha fatto strada. Fino al Campidoglio. Sì, proprio lì. A portare un po’ di Marsica nel cuore di Roma. A dimostrare che un’idea nata “per caso” può arrivare ovunque se coltivata con passione, autenticità e un pizzico di sana follia.

“Dieci anni fa volevo solo creare un posto vero,” racconta il fondatore. “Non un locale qualsiasi, ma un rifugio dove ogni morso raccontasse una storia. E oggi posso dire che quel posto esiste. Esiste grazie a voi, clienti che siete diventati amici, collaboratori che siete diventati famiglia.”

E allora? Allora si festeggia. E si guarda avanti.

“So’ passati dieci anni, ma tenemo ancora fame!”, dice lui con quel sorriso che sa già di brindisi. Fame di novità, di incontri, di serate lunghe e sincere. Fame di restare sé stessi, crescendo ogni giorno.

Il Postaccio non è più “l’ultima possibilità”. È diventato la prima scelta. Per chi cerca gusto, calore, umanità. Per chi vuole sentirsi a casa — ma con un paninazzo come si deve.

Auguri Postaccio. E adesso… avanti tutta!

Tags: il postaccio
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