Avezzano. “Mongoloide, ritardata”, le urlava. Poi schiaffi, pugni, minacce. Anche contro la madre. Anche davanti alle sorelline.
Un inferno domestico durato oltre dieci anni e venuto ora a galla grazie alla denuncia delle vittime e al lavoro della Procura della Repubblica di Avezzano, che ha notificato l’avviso di conclusione delle indagini a carico di G.D., 50 anni, residente in città. L’uomo è accusato di maltrattamenti continui e aggravati nei confronti della ex moglie e della figliastra, che è ancora minorenne.
I fatti, contestati in un arco temporale che va dal 2008 all’ottobre del 2019, sono stati raccolti dal pubblico ministero Marianna Proietti, che ora, chiusa la fase delle indagini preliminari, potrà decidere se procedere con la richiesta di rinvio a giudizio. L’indagato è difeso dall’avvocato Mario Del Pretaro, mentre le due persone offese sono rappresentate dagli avvocati Mario Flammini e Paola Di Benedetto.
Secondo quanto riportato nell’informazione di garanzia, la convivenza con l’uomo sarebbe stata segnata da un clima di sopraffazione, insulti, umiliazioni e violenze, anche in presenza delle altre minori della famiglia. La narrazione della Procura ricostruisce un’escalation inquietante: ingiurie ripetute, come “napoletana di m…” rivolte alla donna, spinte, pugni, minacce di portarle via le figlie e persino un episodio in cui, dopo averla insultata, avrebbe lanciato la piccola contro il letto, facendola urtare contro lo spigolo.
Tra il 2017 e il 2018, l’uomo avrebbe colpito la ex con un pugno alla zona lombare, provocandole dolore acuto. Ancora: richieste di denaro pressanti, fino a convincerla, secondo l’accusa, a vendere una collana della Prima Comunione per comprargli le sigarette.
E poi l’episodio forse più sconvolgente: la proposta, attraverso una società di Pescara, di girare video a sfondo sessuale per ottenere soldi, con il conseguente lancio di una sedia quando la donna si rifiutò.
La figliastra, invece, sarebbe stata ripetutamente schiaffeggiata dietro la testa, offesa con parole pesanti e colpita alla schiena con un ombrello.
Il caso ora passa nelle mani del tribunale: l’inchiesta è chiusa, e con essa il lungo silenzio delle vittime. Sarà la giustizia, ora, a stabilire le responsabilità.