Avezzano. Emergenza Coronavirus: Guido Quintino Liris – medico, epidemiologo e assessore regionale al bilancio e alle aree interne – risponde alle domande di Marsicalive sull’emergenza sanitaria, la seconda ondata di contagi e il commissariamento della Asl 1.
Nella seconda ondata, le aree interne – in particolare la Marsica e l’Aquilano – sono state le zone più colpite. Ma rispetto alla prima fase c’era il vantaggio di sapere con largo anticipo a cosa si stesse andando incontro. Invece ci siamo fatti trovare impreparati su due aspetti, quello strutturale e quello del personale. Cosa secondo lei non ha funzionato?
“L’epidemia ha colpito in modo particolare l’area metropolitana e costiera nella prima fase.
Le aree interne sono state solo lambite e questo, forse, nella coscienza collettiva, può aver generato un meccanismo di allentamento della tensione, forse anche fisiologico dopo mesi di chiusure e difficoltà.
In questa seconda fase, invece, forse anche complici gli ottimi flussi turistici estivi, il virus ha colpito in modo violento l’Aquilano e la Marsica in modo particolare.
In ogni caso va smentita la ricostruzione secondo cui il territorio si è fatto trovare del tutto impreparato. Certo, l’impatto del Covid-19 è stato improvviso, con una crescita rilevantissima in un lasso di tempo ristretto.
Ad oggi, però, il numero di posti letti attivato in provincia è notevole: i dati Asl ci dicono che si è arrivati a 229, in ulteriore aumento proprio in questi giorni. Con interi reparti attrezzati velocemente e una riorganizzazione anche delle attività in modo da tale da salvaguardare il resto della sanità, evitando di compromettere ulteriormente la salute delle persone.
Il problema del personale affonda le sue radici in epoca lontana e riguarda dinamiche tanto locali quanto nazionali. Anche su questo fronte sul territorio aquilano si è fatto molto reperendo medici, infermieri e operatori sanitari in gran numero. Sono, peraltro, in corso procedure per aumentare ulteriormente questa dotazione a stretto giro”.
Lei aveva affermato in tempi non sospetti che bisognava evitare che gli ospedali “Covid free” venissero “sporcati”. Invece è proprio quello che è accaduto con una serie di drammatici risvolti che nella Marsica sono sotto gli occhi di tutti. Cosa, secondo lei, ha provocato questo cortocircuito?
“Il tema del contagio in ambiente sanitario è uno dei più importanti per la gestione corretta dell’epidemia. Se nella prima fase la gestione è stata quasi perfetta, in questo momento il numero degli operatori infetti è rilevante, nonostante siano stati profusi sforzi importanti per le dotazioni di protezione e per separare i percorsi.
Ci sono però strutture, come l’ospedale di Avezzano, che poco si prestano a questi scopi per la loro conformazione fisica. Ecco perché ritengo che in questi casi si debba agire per liberare il prima possibile dal Covid i nosocomi non idonei a livello strutturale.
Se la situazione del presidio di Avezzano dovesse sfuggire dal controllo, infatti, aumenterebbe inevitabilmente la pressione anche sulle altre strutture, L’Aquila in primis. Ecco perché ritengo che si debba lavorare per individuare strutture ad hoc, anche private, per la cura dei malati più lievi e utilizzare il San Salvatore dell’Aquila per i casi più gravi e complessi. Su questa strategia, per quanto possibile, mi sto impegnando”.
Arrivati a questo punto, quale contromisura, secondo lei, dovrebbe essere adottata?
“In parte ho già risposto. In ogni caso la strategia è piuttosto delineata: rafforzare la medicina sul territorio, attraverso un sistema di tamponi più efficiente e rapido sia nell’esecuzione che nel processamento; cure a domicilio, laddove possibile, in modo da evitare di sovraffollare gli ospedali; strutture per la quarantena e per i pazienti più lievi; potenziamento del personale e della tecnologia negli ospedali, con Tac dedicata e percorsi che consentano di separare i pazienti Covid da quelli no-Covid. Per la fascia più vulnerabile della popolazione è sempre più decisiva la “diagnosi precoce” della patologia: indispensabile è la centralità dell’azione capillare dei medici di medicina generale”.
È d’accordo nel prevedere l’arrivo nella Asl 1 di un commissario per l’emergenza esperto del settore che si occupi specificatamente della situazione Covid e che affianchi gli attuali vertici Asl fino al superamento della fase critica?
“Non c’è alcun bisogno di commissariare l’Asl 1. L’attuale governance sta mettendo in campo tutte le misure possibili per far fronte a questa fase critica. Non ci sono procedure codificate, non c’è una letteratura di riferimento cui attingere per affrontare questo tipo di emergenza. Si deve fare di più per il coinvolgimento dei sindaci nelle scelte strategiche della sanità: il sindaco è in trincea tutti i giorni: conoscendo il proprio territorio deve essere reso partecipe se non protagonista delle scelte, anche per poi essere in grado di informare i propri concittadini. Non ho dubbi che una soluzione perché questo avvenga si troverà a breve.
Tra l’altro in azienda ci sono professionisti di altissima valenza che hanno già delineato programmi e strategie, molti dei quali già in fase avanzata, d’accordo con il governo regionale e le istituzioni locali”.
Sarebbe disposto, qualora fosse tecnicamente possibile, a ricoprire questo incarico?
“Non penso assolutamente di dover ricoprire l’incarico di commissario.
Il mio impegno in questo momento è rivolto al cento per cento al reperimento dei fondi necessari per superare l’emergenza, alla tutela e allo sviluppo delle aree interne e alla salvaguardia delle tantissime realtà sportive duramente colpite dal Covid, così come previsto dalle deleghe che mi ha conferito il governatore Marco Marsilio.
È chiaro che da medico e da epidemiologo la mia attività avrà sempre il baricentro nella sanità, sarò sempre a disposizione e in prima linea in questo settore: è la mia vita, la mia professione, la mia missione. Soprattutto ora, in un momento di grande bisogno”.