Avezzano. “Pronto, buongiorno, sono un medico dell’Usca di Avezzano”. Queste le parole che molti pazienti, in questi giorni, ricevono dall’altro capo del telefono. L’Usca (Unità speciale di continuità assistenziale) è la squadra di medici incaricata di visitare a domicilio i pazienti Covid sintomatici, valutando quotidianamente l’evolversi della malattia e cercando di individuare precocemente quelli da ospedalizzare. Le unità sono state pensate per fare da filtro ai troppi ricoveri e alleggerire la pressione sugli ospedali e sui medici di base, ma, a 9 mesi dall’inizio della pandemia, le Usca sono poche, non attrezzate e costrette a svolgere anche mansioni diverse da quelle domiciliari.
Nella Marsica la squadra conta, sulla carta, 20 medici suddivisi in tre unità: 12 nell’unità di Avezzano, 4 in quella di Pescina e 4 in quella di Tagliacozzo. Nella Asl ci sono poi altre 4 sedi Usca (2 nel territorio sangrino-peligno, 2 nell’aquilano). In realtà, nella Marsica, tra malattie e 6 unità assegnate al Don Orione, in attività ci sono solo 13 persone. Ciononostante, nell’ultimo mese hanno effettuato 140 prime visite e oltre 600 tamponi domiciliari, con un flusso di oltre 700 chiamate; in 38 casi hanno attivato i servizi di emergenza per l’ospedalizzazione del paziente. Non hanno neanche gli ecografi polmonari in dotazione, come avviene nelle altre regioni d’Italia: una dottoressa ne ha comprato uno a sue spese.
“Aprire il portale di comunicazione di questa emergenza al mattino e trovare centinaia di richieste da gestire non è semplice” spiegano i medici in servizio presso l’unità. “In questi giorni stiamo cercando di migliorare la gestione del servizio in accordo con i medici di base, cercando di fare in modo che comprendano esattamente come devono servirsi di noi in questo momento così delicato. Come tutte le cose nuove, c’è stato bisogno di un rodaggio iniziale che permettesse a tutti di capire come usare le risorse informatiche a disposizione, operazione non semplice nel bel mezzo di una situazione emergenziale in divenire, con una marea montante di casi e di richieste”.
“Grazie all’esperienza maturata da una nostra collega nell’ambito dell’ecografia polmonare e al suo ecografo personale, siamo stati in grado di diagnosticare polmoniti in fasi precoci e ci stiamo quindi adoperando con la Asl per munirci di ecografi portatili, in maniera da amplificare il nostro impatto sulla comunità” continuano i medici. Sono giovani e pieni di entusiasmo, ma si trovano ad affrontare un’esperienza piena di sofferenze. “Ci capita sempre più spesso di recarci a domicilio dai pazienti e trovare davanti a noi situazioni drammatiche, in bilico verso un esito incerto e terribile. Quello che più ci colpisce e ci addolora è essere consapevoli del livello di saturazione degli ospedali della Regione e di quanto in realtà sia necessario, per molti dei nostri pazienti, trovarsi in un ambiente protetto. L’appello che rivolgiamo a tutti è di non sottovalutare i rischi di questa patologia. Aiutateci a uscire da questo incubo, rimanendo a casa e rispettando le misure restrittive in vigore nella nostra Regione”.