Avezzano. Con l’arrivo della fase 2 la Marsica chiede più tamponi sul territorio, soprattutto dopo i dati che attestano i 700 test somministrati a marsicani su un totale di oltre 33mila in tutta la Regione. E’ vero che del numero totale, più test vengono effettuati sullo stesso paziente, che nel totale viene considerato anche il numero degli esami presi in carico e ancora in corso e che la provincia dell’Aquila è la meno colpita.
La Marsica, però, ha fatto registrare più casi di tutta la Asl1: da sola, infatti, conta il 45% circa dei positivi, che ammontano ad un totale di 240. Per garantire condizioni di maggiore sicurezza al termine del lockdown, evitando nuovi contagi, è necessario garantire la possibilità di processare un numero superiore di tamponi, non solo a livello regionale, ma anche nella Marsica dove attualmente ci sono una cinquantina di persone in sorveglianza attiva su 180 totali della Asl Avezzano Sulmona L’Aquila.
“Lo stato confusionale in cui versa la Regione sulla sanità marsicana”, sottolinea l’ex assessore regionale e sindaco di Sante Marie, Lorenzo Berardinetti, “non ci dà modo di comprendere a pieno come si intenda gestire la fase 2 soprattutto sulla questione tamponi per i cittadini più esposti quali personale sanitario, forze dell’ordine, anziani e commercianti. Le domande rivolte all’assessore Verì dai sindaci attendono da mesi una risposta. Non è chiaro inoltre se la Regione intenda autorizzare uno screening più ampio con l’utilizzo dei cosiddetti test sierologici”.
Per Roberto Verdecchia, ex assessore di Avezzano, si parla invece di “strane dimenticanze della Regione Abruzzo in tema di Sanità che vedono il territorio dei ‘cafoni siloniani’ abbandonati ancora nella fase 1 per la carenza di tamponi nei confronti della collettività. Eppure visto che il territorio abruzzese è di circa 1.3 milioni di abitanti e che l’intera Marsica ne ha 135mila, il 10%, con ottimo Pil nell’agricoltura e discreto nell’industria, ci sarebbe da domandarsi del perché vi è una tale esiguità nel numero dei tamponi effettuati in questo lembo di terra, circostanza che potrebbe determinare una sensibile difficoltà nell’isolamento dei contagiati e dei relativi contatti diretti. Non voglio pensare che tutta la ‘potenza di fuoco’ nel mondo della Sanità per tamponi e ospedali lo abbiamo esportato esclusivamente sulla costa e sui capoluoghi di provincia”.
“Non me ne vogliano i consiglieri regionali di riferimento di questa terra”, conclude, “uno di loro anche presidente della commissione Sanità, nonché medici entrambi, ma ignorare queste circostanze e non potenziare le strutture territoriali locali equivale a un disinteresse imperdonabile per il territorio di provenienza e non porre in essere quei mezzi finalizzati ad evitare recrudescenze della pandemia”.