Capistrello. Non si placa la diatriba sull’acceso consiglio comunale di Capistrello che ha portato il consigliere di opposizione a intraprendere le vie legali sulla vicenda per presunte violazioni. Stavolta a replicare è il sindaco di Capistrello, Antonino Lusi, che ha inviato una nota alla Procura della Repubblica di Avezzano.
Di seguito alleghiamo il documento integrale con la presa di posizione di Lusi che sostiene di illustrare “le ragioni esclusivamente giuridiche” dalle quali si evincerebbe “la palese inesistenza di violazioni delle vigenti norme da parte del sindaco e le dolose e strumentali accuse del Di Cintio che ha visto fallire l’ennesimo tentativo, in concorso con l’altro esponente della minoranza, di trasformare il Consiglio comunale del 14 marzo in un condominio rissoso e inconcludente”.
“In un contesto di permanente belligeranza – apparentemente “politica” ma che di politico non ha proprio nulla – alcuni concittadini, con sincera amarezza, mi hanno segnalato il video del Consiglio comunale tenuto a Magliano dei Marsi (dopo i noti fatti che, purtroppo, hanno interessato Sindaco e Assessore del luogo) per sottolineare come lì si respirava un clima di civile, composto e dolente confronto, umano e politico, mentre a Capistrello una piccola minoranza – sia nell’assemblea pubblica dell’11 marzo che nel Consiglio del 14 – è riuscita a mostrare il peggio della natura umana, sconfinando ai limiti della barbarie e dell’inciviltà. La minoranza di Capistrello, del resto, non è nuova a indecorose sceneggiate, iniziate appena due mesi dopo le elezioni quando il Sindaco fu denunciato con tanto di manifesti – non solo all’opinione pubblica ma alla Prefettura e persino al Presidente della Repubblica – per aver fatto indossare la fascia tricolore a un altro consigliere di minoranza, F. Ciciotti appunto, in occasione di una processione alla quale il sottoscritto partecipava insieme a un gruppo aderente alla più antica confraternita del luogo. Poco dopo entrambi i predetti hanno iniziato a chiedere le dimissioni del Sindaco per i motivi più inverosimili. Cosa ancor più grave è accaduta successivamente, quando gli stessi negavano l’esistenza dello stato di dissesto economico-finanziario del Comune nel corso della discussione di fatti e atti relativi ai bilanci preventivi o consuntivi (guardandosi bene, però, dall’assumere le conseguenti iniziative) e lasciando intendere che l’attuale amministrazione fosse responsabile sia degli aumenti di tariffe e tasse come delle obiettive difficoltà determinate dagli ingenti debiti ereditati. Per non parlare dei continui atteggiamenti polemici, talora intimidatori, anche nei confronti di qualche dipendente comunale, non troppo velatamente accusato di responsabilità per atti illeciti in proprio o su istigazione del Sindaco, con esposti alla Procura della Repubblica, alla Prefettura e alla Corte dei conti, moltiplicatisi nei nove mesi di assenza del Segretario comunale. Il Di Cintio e Ciciotti ora, con le continue minacce di esposti e denunce, si comportano in modo tale da riportare il Comune di Capistrello ai tempi, non troppo lontani, in cui a ogni atto del genere corrispondeva un incarico professionale a carico e a danno del bilancio comunale. Verrebbe da dire, in conclusione, che sarebbe auspicabile non solo una maggiore compostezza propositiva, compresi i controlli ferrei sull’operato dell’Amministrazione purché coerenti con il fare e non con la paralisi delle chiacchere a vuoto, ma anche un contributo serio e responsabile, qualche proposta concreta, per aiutare il percorso comune di rinascita del nostro paese, in tal modo valorizzando la funzione della stessa minoranza e la dignità dell’intero Consiglio comunale di Capistrello“.
Di seguito documento originale:
prot. n. 1444 del 29 marzo 2012
Raccomandata A. R.
Procura della Repubblica presso il Tribunale di Avezzano
Via Camillo Corradini, 81 67051
Avezzano (AQ)
Oggetto: osservazioni all’esposto del consigliere Di Cintio concernente la riunione del Consiglio comunale di Capistrello (14 marzo 2012).
In riferimento alle notizie di stampa recanti un esposto circa “ipotesi di responsabilità penale, funzionale e/o amministrative a carico del Sindaco” di Capistrello “per le manifeste e dolose violazioni delle norme regolamentari” asserite dal consigliere comunale Di Cintio, e con particolare riguardo, all’indegna e chiassosa gazzarra promossa e organizzata da tre consiglieri di minoranza in occasione dell’ultima riunione consiliare, va preliminarmente chiarito che il cosiddetto “quadro normativo di riferimento” rappresentato dall’esponente, che ne presume la surrettizia violazione, è totalmente privo di fondamento giuridico.
Egli del resto ne è assolutamente consapevole essendo da decenni esperto insegnante di diritto nella scuola media secondaria di secondo grado oltre che ben noto avvocato. Il medesimo esperto consigliere, peraltro, ben avrebbe potuto sollevare eccezioni in proposito ai sensi dall’articolo 2, comma 3, del regolamento comunale di organizzazione del Consiglio comunale ma si è ben guardato dal ricorrere allo strumento previsto dall’ordinamento preferendo, invece, impedire fisicamente la prosecuzione della riunione con invettive, urla e strepiti indegni del ruolo al quale è preposto.
Per meglio comprendere il senso dell’accaduto va dunque richiamata l’attenzione sulla logica sequenza dei fatti, analizzando pertanto le diverse questioni in esame nell’ordine seguente: 1) il documento trasmesso dalla minoranza per l’esame e l’approvazione da parte del Consiglio comunale; 2) la irricevibilità e la problematica ammissibilità del predetto documento; 3) le norme effettivamente applicabili al caso di specie; 4) il documento approvato all’unanimità dal Consiglio.
1. Il documento della minoranza, conosciuto da molti perché ampiamente diffuso e pubblicato dai mezzi di informazione, è costituito da un insieme di atti diversamente e contraddittoriamente qualificabili – in ciascuna delle parti che lo compongono – come interrogazioni e interpellanze mentre “il relativo schema di deliberazione” allegato e inserito all’ordine del giorno della seduta viene dagli stessi proponenti qualificato come “ordine del giorno”.
Gli esperti della materia sanno bene che l’ordine del giorno della seduta reca l’elenco degli argomenti da discutere o deliberare nel corso della riunione mentre l’ordine del giorno proposto dalla minoranza si configura come uno specifico atto di indirizzo e controllo politico-amministrativo nei confronti del Sindaco, di carattere preventivo anziché successivo. La sua tipologia, come noto, deriva dalla prassi parlamentare dove esso è conosciuto come atto di istruzione al governo per l’attuazione delle leggi ovvero per dare esecuzione ad altre procedure, quali ad esempio le mozioni. In tal caso le diverse procedure si concludono “con la votazione di un ordine del giorno, nella quale si esprime la decisione dell’assemblea, che si deve far rientrare tra gli atti di indirizzo politico” ( C. Mortati).
La minoranza, tuttavia, con il suo anomalo e strano documento, impropriamente denominato“ordine del giorno”, ha inteso sovvertire i canoni legislativi e regolamentari prescritti nell’ordinamento italiano quando avrebbe potuto pacificamente avvalersi di quanto disposto dall’articolo 23 del testo regolamentare vigente a Capistrello, il cui comma 1 attribuisce a ciascun Consigliere il “diritto di presentare al Sindaco interrogazioni, interpellanze e mozioni su argomenti che riguardano direttamente le funzioni di indirizzo e di controllo politico-amministrativo del Consiglio comunale e le altre competenze allo stesso attribuite dalle leggi e dallo statuto”.
Tale sottolineatura opportunamente sovviene in quanto la legislazione recata dal Testo unico degli enti locali (articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267,) “enuncia espressamente i principi che costituiscono limite inderogabile per la loro autonomia normativa”. Il che sta a significare che anche a Capistrello l’autonomia regolamentare può essere esplicata nel quadro unitario dell’ordinamento vigente, in ogni caso assoggettato ai principi stabiliti dall’articolo 114, comma 2, della Costituzione e pertanto la norma regolamentare non può essere liberamente (o addirittura arbitrariamente) interpretabile da ciascun Consigliere ma l’eventuale antinomia va ricondotta nei limiti dei doveri attribuiti al Sindaco-presidente dell’Assemblea dagli articoli 1 e 2 del vigente regolamento comunale.
2. La raffazzonata redazione della proposta avanzata dalla minoranza – confusamente evocativa di assemblee studentesche postsessantottine anziché corrispondere alle molteplici e distinte fattispecie disciplinate dalla legge e dal regolamento – stando alle disposizioni che regolano la materia, a rigore avrebbe dovuto essere dichiarata irricevibile oltre che propriamente inammissibile in quanto non collocabile tra gli strumenti messi a disposizione dall’ordinamento. Il vigente regolamento comunale infatti – come certamente ben sa il professor Di Cintio – non disciplina affatto l’autonoma procedura degli ordini del giorno dell’Assemblea recanti istruzioni nei confronti della Giunta (ovvero del sindaco), naturalmente non per caso fortuito o per omissione ma perché siffatta norma costituirebbe a tutti gli effetti una stravaganza giuridica.
Va da sé che in ogni caso il funzionamento del Consiglio comunale non può essere subordinato alla caotica creatività della minoranza ma alla disciplina chiaramente recata dall’articolo 1, commi 1 e 2, del regolamento di organizzazione.
2.1. Documento irricevibile, dunque, perché il suo contenuto materiale si riferiva all’operato di uffici e organi dello Stato che non solo nulla hanno a che fare con l’istituzione comunale ma gli effetti del quale non sono neanche minimamente riferibili all’ambito di competenza del Comune. Operato che peraltro non aveva i requisiti di carattere definitivo e, pertanto, neanche valutabile in sede diversa da quella istituzionalmente preposta allo scopo. Vieppiù irricevibile, inoltre, per l’impossibilità di conferire – in materia estranea a quelle di competenza – indirizzi politici o compiti amministrativi all’organo comunale preposto all’attuazione di quanto previsto dalla legge e, nei limiti della stessa, all’attuazione dei deliberati consiliari.
La difficoltà a rinvenire la logica del documento presentato dalla minoranza verosimilmente deriva da un intento originario in qualche modo “politicamente” riferibile agli atti di indirizzo e controllo i cui procedimenti, tuttavia, rivestono una tipicità insuscettibile di forzature eccessivamente stravaganti. Nella realtà istituzionale, inoltre, l’attività di controllo delle assemblee nei confronto di uffici e organi dell’esecutivo si pone come attività “inautonoma”, cioè ausiliaria ad altre funzioni. (A. Manzella). In particolare, gli atti di controllo appaiono come atti di «partecipazione procedimentale» alla funzione di indirizzo politico (M. S. Giannini) al fine di «poter orientare, influenzare, limitare la libertà d’azione del controllato». (L. Elia)
Sicché in taluni casi la tecnica del controllo (verifica di quanto già fatto) viene assorbita nella nozione del controllo-direzione (indirizzo politico e/o amministrativo), espressione tipica della «dualità funzionale» che si rinviene nel «rapporto di alterità» tra controllore e controllato (V. Crisafulli). In casi diversi, dove si rinviene una responsabilità politica non precisamente individuabile ma allo stato diffuso, il controllo politico invero non potrebbe mai trasformarsi in attività di indirizzo.
Tale schema concettuale, ad esempio, si rinviene nelle ordinarie procedure di controllo – che attribuiscono all’assemblea il potere/dovere di controllare l’attività dell’amministrazione – nelle quali si evidenziano gli elementi tipici di tale attività: il giudizio-verifica, la responsabilità, la misura. Basti pensare all’obbligo di approvazione del bilancio consuntivo: il rendiconto costituisce attività riservata esclusivamente all’amministrazione che ne assume l’intera responsabilità. Il giudizio si svolge sui dati contenuti nel documento presentato all’approvazione dell’assemblea. Il parametro per l’espressione del giudizio è dato a partire dal bilancio di previsione. La misura adottata è la delibera di approvazione in caso di consenso; in caso contrario la misura assume carattere sanzionatorio con la delibera di non approvazione.
Non è un caso, poi, che la gran parte degli ordini del giorno sia presentata proprio in relazione alle modalità di attuazione delle decisioni di spesa.
2.2 Documento altresì inammissibile perché l’ordine del giorno presentato dalla minoranza – stando ai canoni unanimi della dottrina giuspubblicistica, di cui si trova fattuale conferma anche nella relazione adottata dalla Giunta per il regolamento del Senato sul progetto di nuovo regolamento del 1971 – non corrisponde affatto alle caratteristiche essenziali di tale strumento d’indirizzo e controllo come previsto e attuato nell’ordinamento italiano. L’ordine del giorno, infatti, non ha carattere autonomo essendo di per sé accessorio a un altro procedimento. Si aggancia, cioè, a un’altra procedura non essendo in grado di esprimere autonomamente la volontà del Consiglio comunale, diversamente dalla mozione che è strumento idoneo a promuovere un dibattito e ad essere messo ai voti.
Da almeno quarant’anni, dunque, l’uso del termine “ordine del giorno” si riferisce ai documenti intesi a promuovere – nell’ambito di un diverso procedimento ed accessoriamente rispetto all’oggetto principale di quest’ultimo – una manifestazione di volontà o di opinione dell’Assemblea su argomenti collegati, politicamente vincolante per il soggetto destinatario entro limiti graduati, caso per caso, dalla sua accettazione o dalla eventuale deliberazione del collegio medesimo (V. Di Ciolo-L. Ciaurro).
Dato, tuttavia, l’oggettivo rilievo della questione sottesa al documento proposto dalla minoranza – rilevanza “politica” in senso lato ma, certamente, non giuridica in quanto del tutto estranea all’ambito delle competenze amministrative comunali – sia il Sindaco che la maggioranza non hanno avuto il minimo dubbio nel consentire una discussione del caso, ma solo per ragioni di opportunità “politica”, pur non essendo affatto proponibile nei termini equivoci espressi da Ciciotti, Di Cintio e altri.
Già nella precedente riunione consiliare, infatti, nella quale – si badi bene – non erano presenti tutti i componenti elettivi, gli stessi consiglieri avevano scorrettamente lamentato che il Sindaco si era rifiutato di inserire all’ordine del giorno un nuovo argomento (il medesimo di cui qui si tratta), proposto in corso di seduta, fingendo di ignorare che qualora il Sindaco avesse accolto la richiesta sarebbe incorso in un grave atto illegittimo, per di più non sanabile, neanche a posteriori, perché radicalmente nullo. Eppure lor signori hanno avuto il cattivo gusto di manipolare la pubblica opinione attraverso comunicati non corretti trasmessi a diversi organi di informazione i quali tuttavia, per vero, non sono sempre tenuti a conoscere la legge né, tantomeno, a verificare previamente se le sciocchezze diffuse da altri siano fondate o meno.
3. Quanto alle norme effettivamente applicabili al caso di cui si tratta, va tenuto distinto – non per contrapporne i significati ma per comprenderne meglio le obiettive ragioni – ciò che stabilisce l’articolo 23 del regolamento comunale da ciò che è patrimonio consolidato nel diritto pubblico italiano. Come già accennato il regolamento comunale non fa menzione della trattazione di ordini del giorno, probabilmente in analogia al regolamento della Camera dei deputati che, dal 1971, ha reintrodotto la procedura della risoluzione la quale, tuttavia, è strumento conclusivo di un dibattito ma non potrebbe parimenti darvi luogo poiché “la risoluzione è possibile solo a conclusione di affari «assegnati», passati cioè, caso per caso, al filtro della presidenza dell’assemblea” (A. Manzella).
E’ ben vero, peraltro, che la materia degli ordini del giorno parlamentari non ha trovato univoca disciplina regolamentare ma ciò dipende dal fatto che essi – nati nel diverso contesto delle “tre letture” – nel tempo si sono trasformati in inviti o raccomandazioni all’organo di governo in relazione all’attuazione della deliberazione in esame a cui si accompagnano. Ciò comporta che gli ordini del giorno vengono di norma votati dopo che è ormai certo il contenuto della deliberazione assunta dall’Assemblea mentre al riguardo devono ritenersi inammissibili proposte di risoluzione. E’ altresì inammissibile la votazione di un ordine del giorno per parti separate mentre è possibile che lo stesso non venga messo ai voti allorché il destinatario dichiari di accoglierne il contenuto, sia pure soltanto come raccomandazione.
Il riferimento del professor Di Cintio all’articolo 54 del regolamento comunale è, dunque, del tutto privo di fondamento atteso che la disciplina ivi disposta si applica – ovviamente, sembrerebbe superfluo aggiungere – alle deliberazioni concernenti atti che intendono regolare questioni rientranti nella totale competenza dell’organo consiliare su materie riservate all’autonoma sfera decisionale degli enti locali, come delimitata dalla parte seconda della Costituzione, dal menzionato articolo 1 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e dalle altre concorrenti discipline normative, compresi gli articoli 1e 2 del regolamento di organizzazione del Consiglio comunale di Capistrello.
Il contenuto materiale dell’ordine del giorno proposto dalla minoranza, invece, non ha nulla a che fare né con i limiti di competenza dell’ente locale né con la veste formale e sostanziale degli atti sottoposti alle procedure disciplinate dalla legge e dal regolamento comunale. Va peraltro osservato che, nell’attuale Consiglio comunale, in altre occasioni sono stati discussi e approvati ordini del giorno riferiti, in un caso, a decisioni amministrative incidenti su servizi pubblici essenziali e sulle crisi aziendali, con negativi riflessi sull’occupazione (Ordine del giorno sui tagli alle strutture sanitarie e al trasporto ferroviario nonché sulle crescenti crisi occupazionali nella Marsica), mentre in un altro caso si contestava la ventilata decisione di “chiusura del tribunale di Avezzano”.
In entrambi i casi era del tutto evidente il carattere non autonomo ma accessorio dell’atto (ordine del giorno) recante una chiara manifestazione di volontà o di opinione dell’Assemblea comunale su argomenti collegati agli atti amministrativi dei soggetti destinatari, politicamente vincolante per i medesimi entro i limiti, nel caso di specie, dettati esclusivamente dalla loro accettazione piuttosto che dalla deliberazione del consiglio comunale.
Per venire incontro alle menzionate esigenze di carattere in senso lato “politiche” si è dunque stabilito di far riferimento alle procedure in qualche modo analoghe per le quali, invero, i tempi di intervento di norma non eccedono i cinque minuti, come accade di norma nel Parlamento europeo. In Italia, infatti, «sugli ordini del giorno … si prevede da un lato, la riduzione del tempo di illustrazione, da venti a cinque minuti e, dall’altro lato, … le dichiarazioni di voto … con un unico intervento (o al più due interventi distinti) per una durata complessivamente non superiore ai cinque minuti.» (S. Traversa)
Tenuto peraltro conto della grande rilevanza politica annessa dalla minoranza alla questione, il Sindaco ha consentito un tempo di gran lunga maggiore che ha superato i venti minuti sia del consigliere Ciciotti che del consigliere Di Cintio i quali hanno abusato di tale opportunità per proferire parole e frasi particolarmente sconvenienti e offensive, sia nei confronti del sindaco che dei componenti di maggioranza. In tale occasione il Sindaco, per evitare un ulteriore imbarbarimento del confronto, ha rinunciato a replicare agli scomposti interventi della minoranza riservandosi di farlo al termine della seduta “per fatto personale”.
Ciò nonostante la minoranza ha indebitamente abusato anche della facoltà concessa dalla presidenza impedendo nel prosieguo della riunione, dopo al votazione del testo emendato, che il consigliere Di Battista e lo stesso Sindaco potessero intervenire, costringendo quest’ultimo a chiudere i lavori per la manifesta impossibilità di far tacere i tre consiglieri urlanti frasi scomposte e del tutto prive di razionalità.
Sembrerebbe dunque evidente che l’irrazionale ed equivoco documento presentato dalla minoranza non fosse il frutto di mera ignoranza ma il goffo e comunque inusuale tentativo strumentale per superare i limiti al numero di interventi e al tempo disponibile per ciascuno di essi con le modalità previste dall’articolo 23 del regolamento vigente. Nei predetti casi, infatti, avrebbe avuto diritto di parola soltanto l’interrogante o l’interpellante, eventualmente con breve replica all’interpellato, ovvero, nel caso della mozione, ciascun consigliere per una volta soltanto e al massimo per cinque minuti.
Circa il lamentato dissenso per il fatto che la maggioranza si è permessa di presentare un emendamento che riproduceva integralmente la struttura del testo proposto dalla minoranza, introducendo tuttavia modeste correzioni di linea politica e la sostanziale menzione relativa all’autonoma funzione della magistratura inquirente e giudicante – del tutto assente in precedenza – non varrebbe la pena spendere ulteriori argomentazioni. Sarà sufficiente, tuttavia, richiamare il precedente registrato nella seduta del 9 ottobre 2010 allorché, dopo la relazione iniziale su sanità, trasporto ferroviario e occupazione, intervengono “nella discussione i consiglieri Pizzi Scatena e Di Cintio che condivide appieno l’iniziativa a condizione che venga inserito il seguente emendamento: «ad attuare politiche di sostegno per l’entroterra attraverso opportune azioni». Il Sindaco accoglie la proposta e invita il Consiglio a votare il testo originario con la modifica richiesta” (verbale del Consiglio comunale 9 ottobre 2010).
4. In conclusione, il testo dell’ordine del giorno proposto dalla minoranza alla deliberazione del Consiglio, pur non essendo giuridicamente ricevibile né tantomeno ammissibile, è stato posto all’esame dell’Assemblea per ragioni eminentemente “politiche” travalicanti, tuttavia, le norme a garanzia del corretto funzionamento degli organi collegiali.
La maggioranza inoltre, proprio per prevenire qualunque sospetto di aver qualcosa da celare ovvero da sottrarre al controllo della pubblica opinione, oltre che della minoranza consiliare, aveva già convocato una pubblica assemblea la domenica precedente. All’inizio della riunione il Sindaco ha riferito quanto di sua conoscenza sui tristi fatti di cronaca giudiziaria relativi all’operato del senatore Lusi e la documentazione è facilmente rinvenibile, nella versione integrale, sui siti internet (Terremarsicane, Marsicalive, Libero ecc.). Circa trecento persone hanno partecipato, composte e interessate, all’incontro pubblico protrattosi per oltre tre ore: solo tre persone hanno tentato invano di far degenerare il civile confronto fra gli intervenuti, prima attraverso la distribuzione di volantini diffamatori (“Vergonatevi, ci avete sputtanato per tutta l’Italia. Andate via, non vogliamo ladri in casa nostra. Ricacciate i soldi che avete rubato. Non basta quello che già avete mangiato a Roma, volete mangiarvi pure Capistrello?”), quindi il lancio di monetine contro il tavolo della maggioranza e poi con ripetute urla e scomposti ululati (“ladri” …) che si sono spenti nel disgusto dei presenti. Va sottolineato, al riguardo, che il giorno seguente il Di Cintio ha pubblicamente rivendicato di essere responsabile dei fatti accennati (cfr. Il Tempo, cronaca locale).
Nel corso della seduta consiliare i consiglieri Ciciotti, Di Cintio e Pizzi hanno imposto alla riunione un andamento aggressivo, con una violenza verbale che solo per la compostezza della maggioranza non è degenerata in rissa verbale. L’aver presentato all’inizio della riunione un emendamento sostitutivo da parte dell’avvocato Grasso, uno dei più giovani consiglieri comunali di maggioranza, ha permesso di accogliere l’esigenza di una pronuncia “politica” sui fatti all’ordine del giorno da parte dell’intero consiglio che, dopo l’uscita teatrale di una minoranza urlante, ha votato all’unanimità il seguente testo:
«Il Consiglio comunale
viste le notizie apparse sulla stampa in ordine alle vicende che coinvolgono il senatore del PD Luigi Lusi;
considerato che numerosi organi di stampa hanno evidenziato che il senatore Luigi Lusi è originario di Capistrello;
preso atto delle ipotesi giornalistiche circa l’indiretto coinvolgimento del sindaco Antonino Lusi ovvero dei suoi familiari e delle conseguenti querele per diffamazione a mezzo stampa dal Sindaco e dai medesimi presentata alla competente Procura della Repubblica;
ritenuto dover innanzi tutto ribadire la piena fiducia nell’attività di competenza dell’apparato giudiziario che saprà valutare se e quali responsabilità penali sussistono e a carico di chi;
attesa la rilevanza che il senatore Luigi Lusi ha avuto nella politica comunale, provinciale e regionale;
invita
il Sindaco a porre in essere ogni azione diretta a mitigare eventuali pregiudizi che da tale situazione potrebbero derivare al comune di Capistrello proseguendo, pertanto, con il consueto impegno nell’azione amministrativa per il risanamento dell’Ente e lo sviluppo dell’intera comunità locale. »
Nel restare a disposizione per gli eventuali chiarimenti ritenuti utili o necessari, si porgono i più distinti ossequi.
(Antonino Lusi)