Avezzano. E’ durata il tempo di un congresso, il primo congresso. Ci ha messo poco, qualche ora in verità, il Partito democratico della Provincia dell’Aquila a perdere quella facciata di unitarietà sbandierata, un po’ forzatamente, nei giorni scorsi. Dopo che la scelta del segretario era caduta su un marsicano, Mario Mazzetti, e l’antagonista dell’area aquilana, Americo Di Benedetto, con una mossa di fair play si era tirato indietro, tutto sembrava filare per il verso giusto. Il Pd della Provincia terremotata d’Italia, sembrava essere riuscito a dare una parvenza di costruttiva compattezza. Una bella dimostrazione di serietà di fronte a un universo politico che aveva i riflettori puntati sulla provincia dell’Aquila. E invece niente da fare.Nel primo congresso, dopo un anno e mezzo di commissariamento, il Partito di Bersani è riuscito a fare l’impossibile. Cioè a eleggere il segretario per acclamazione, e poi dopo pochi minuti a bocciare e a rinviare tra le proteste la sua indicazione relativa al presidente del partito. Mazzetti, come previsto dal regolamento, ha indicato un nome per la presidenza del partito. E chi meglio di Americo Di Benedetto? Il giorno prima ben 165 delegati su 260 avevano avanzato la sua candidatura. Un’ampia maggioranza, quella che serve, secondo il regolamento Pd, per eleggere il presidente. E invece no. E’ a quel punto che quella illusoria compattezza si è trasformata in baruffa. In realtà l’unità nel partito non c’era mai stata. Basti ricordare come si è arrivati alla candidatura di Mazzetti. Erano stati i marsicani, ma in realtà il senatore Luigi Lusi, a tirare fuori dal cilindro il nome del sindaco di Carsoli. E i marsicani, tra cui il vicepresidente del consiglio regionale Giovanni D’Amico, non se l’erano certo sentita di dire no a un marsicano. Ma il “pacchetto Lusi” comprendeva anche il vice, un altro marsicano, Francesco Piacente, assessore del sindaco di Capistrello Antonino Lusi, fratello del senatore. Il pacchetto è saltato in poche ore, soprattutto quando i big aquilani capeggiati da Giovanni Lolli e da Stefania Pezzopane hanno tirato fuori il nome di Americo Di Benedetto. Alla fine, in quell’occasione, il buon senso ha prevalso e Mazzetti è stato incoronato di fatto segretario. Di Benedetto ha fatto un passo indietro. “Magari farò il presidente”, aveva forse pensato. E lo stesso lo avevano pensato i 165 delegati che in un comunicato stampa avevano avanzato la proposta poche ora prima del congresso. Tutto sembrava fatto. E invece niente.Quanto Mazzetti, eletto solo da pochi minuti, ha provato a fare il nome di Di Benedetto chiedendo un consenso unanime è scoppiata la protesta. Diversi delegati, tra cui Ermanno Giorgi, Amedeo Fusco e Giuseppe Di Pangrazio, con toni chi più chi meno battaglieri, hanno avanzato la proposta di un rinvio. E’ intervenuto anche il diretto interessato, alquanto irritato dal degenerare della situazione. La discussione è andata avanti per diverse ore e l’unitarietà del partito, quella della vigilia, si e lentamente sgretolata con la stessa velocità con cui la sala dell’auditorium Ance, dopo circa cinque ore di congresso, si è svuotata. L’unico applauso si è sentito quando il nuovo segretario ha sciolto l’assemblea con un nulla di fatto, in vista di una nuova convocazione a data da destinarsi. (p.g.)