Tagliacozzo. Una conferenza stampa tra i boschi di Tagliacozzo in solidarietà della famiglia Panella, costretta a vivere in condizioni di grande difficoltà. Si terrà venerdì 18 febbraio alle ore 9,30 sulla collina adiacente a via delle Macchie. La famiglia in questione è stata portata all’attenzione dell’opinione pubblica dal fotografo Antonio Oddi che su indicazione dell’avvocato Luca Motta, in un servizio fotografico , ha scoperto la disumana situazione in cui vivono. Sarà l’occasione per presentare oltre 4000 cartoline a favore di una famiglia povera che vive tra le montagne nella zona di Tagliacozzo (Aq); la famiglia Panella appunto. Le cartoline, riportano l’indirizzo e conto corrente postale dove poter contribuire con un piccolo versamento a favore della famiglia Panella: cc/7628962 ed Iban: it-25-f-07601-03600-000007628962 intestato a Felice Panella. La conferenza stampa sarà tenuta dall’avvocato Luca Motta pioniere della vicenda Panella. La vicenda oggi giorno è riportata da numerose testate giornalistiche locali ed nazionali ma vogliamo ancora una volta riportare l’inconsueta storia della famiglia panella alle soglie del terzo millennio: la famiglia Panella il padre Francesco, la madre Enrica, ed i figli Biagio, Giovanni, Ascenzo, Paolo, Felice, Filomena, Ida e Virginia sono tutti affetti da una grave malformazione ai piedi che rendono difficile la deambulazione. Grave malformazione ereditata dal padre Francesco tranne Ida che ha contratto matrimonio con un uomo molto piu’ anziano di lei ( Emilio) e Filomena, affetta da gravi turbe psichiche e ricoverata da sempre in una casa di cura. La famiglia è sempre vissuta in casolari isolati in una condizione regolata da rapporti arcaici ( colonia/mezzadria ) che le procuravano solamente disagi e povertà. Fino all’inizio degli anni ’60, la famiglia viveva in un casolare sito sul monte prospiciente la frazione sfratati di Tagliacozzo a circa 2 km dall’abitato e raggiungibile con un sentiero in terra battuta, resa fangosa per molti mesi dell’anno dalle piogge e dallo scioglimento delle nevi che in quegli anni coprivano le montagne abruzzesi nei rigidi mesi invernali. Colle san giacomo è un paesino su una collina che dista 2 km e mezzo dal casale citato, all’epoca abitato da qualche decina di famiglie contadine che coltivavano, con i buoi e con metodi tradizionali, i terreni insistenti lungo il fiume Imele o a ridosso della vicina montagna. L’elemosina, come la chiamavano le donne del paese, veniva “ vestita” di dignità sociale o di carità cristiana conferendole il carattere di compenso per qualche prestazione : lavaggio dei panni nel fiume, pulitura delle patate ecc. Al tramonto , Richetta lasciava il paese, carica di buste piene dei prodotti della terra , per tornare al casale, dove la attendevano seminudi, i figli che le andavano incontro nella speranza di poter, finalmente , mangiare. Nel 1962 la famiglia Panella lascia il Casale ormai fatiscente . dopo poco tempo il casale crolla improvvisamente trasformandosi in un cumulo di macerie. La famiglia Panella si insedia in un altro casolare situato su una collina a circa 1 km da Tagliacozzo. Negli anni che seguono muoiono: il padre Francesco ( 1976), Biagio, la madre Enrica (2ooo). Filomena è sempre nella casa di cura. Ida vive con suo marito Emilio. Restano nel casolare: Ascenzo, Giovanni, Virginia ( che accudisce ciò che resta della famiglia) paolo ( addetto al pascolo delle poche pecore e di qualche agnello) e felice ( subentrato nel frattempo al deceduto Biagio alla guida della famiglia). Qualche anno fa, a soli 50 anni, muore paolo. Un mal di testa, non meritevole di un ricovero ospedaliero. Nella notte muore nel suo letto. Un brillante avvocato, Luca Motta ha preso a cuore tutta la vicenda. È convinto che la legge e umanità possano marciare insieme” E’ gravemente colposa la inadempienza da parte dei soggetti interessati al fine di risolvere detta situazione fatiscente, che sta esponendo gli inquilini a gravi rischi e pericoli sussistendo la minaccia concreta di imminenti crolli” “In tutti i modi -prosegue il legale- comprese anche le vie legali-giudiziarie, cercherò di assicurare un futuro più dignitoso a persone che nella vita hanno già sofferto troppo”. Ancora una volta l’obiettivo delle macchina fotografica di Antonio Oddi si concede ad un caso di solidarietà al fine che con la raccolta fondi delle cartoline vendute si possa ridare dignità ad una famiglia che per tutta la vita è vissuta ai margini della società e col vero minimo indispensabile; anzi senza neanche quello.