Avezzano. Confagricoltura scende in campo contro l’impianto Powercrop. Secondo il direttore Stefano Fabrizi, ci sono troppe incognite sull’impianto. La riconversione ipotizzata dalla Powercrop spa prevedeva oltre alla costruzione di una centrale per la produzione di energia da biomassa dal costo di oltre 90 milioni di Euro a carico della proponente, un generico impianto dal costo ipotizzato di 10 milioni di euro a beneficio dell’orticoltura con investimenti a carico prevalentemente degli imprenditori agricoli.
Però, secondo Fabrizi, “in occasione di vari incontri nelle sedi istituzionali, la società, non ha mai fugato le perplessità sul progetto soprattutto con riferimento alla salvaguardia degli interessi agricoli che, con la chiusura dello zuccherificio, erano stati gravemente compromessi”.
Confagricoltura, Coldiretti e Cia, il 5 marzo 2009 ritirarono la propria firma su tutte le intese per la palese violazione dei seguenti impegni: Sadam-Powercrop non dimostrò alcun concreto interesse e non si impegnò, per far partire il progetto riguardante la c.d. filiera agricola. Inoltre non fornì il numero delle aziende agricole che sottoscrissero i contratti di coltivazione sperimentali né fornì i dati della produzione delle biomasse e le risultanze della sperimentazione effettuata sui vari comprensori.
Infine, secondo le associazioni di categoria, né la Regione Abruzzo né l’Aassa dimostrarono interesse all’iniziativa la prima non prevedendo alcun tipo di beneficio per le aziende che si impegnavano alle riconversioni produttive ai sensi del Reg. CE n 320/06, l’Agenzia di Sviluppo Agricolo non svolse alcuna attività di monitoraggio della sperimentazione condotta.
Altra perplessità delle associazioni di categoria nacque dal fatto che appariva insolito che un progetto di tale portata, nella fase di presentazione, fosse privo dell’elemento essenziale rappresentato dal piano di approvvigionamento delle biomasse.
Solo nel corso della procedura Via la Powercrop anche a seguito di specifiche richieste completò la documentazione progettuale fornendo uno studio elaborato dalla Soc Nomisma Spa. Il lavoro del noto e accreditato istituto di ricerca cercò di dimostrare l’esistenza di un bacino potenziale di produzione di biomasse derivanti da risorse forestali e colture dedicate nel raggio di 70 Km dall’impianto. Lo studio, secondo Confagricoltura, fu puntualmente smentito dalle analisi effettuate dalle OOPPAA. Solo a titolo di esempio Nomisma cercava di dimostrare presenza di colture dedicate in alcuni comuni della provincia dell’Aquila che per ubicazione, qualità dei terreni, situazioni pedoclimatiche, orografiche e presenza di imprenditori agricoltori non disponevano di superfici da destinare alla pioppicoltura. Basta citare Anversa degli Abruzzi situato all’interno delle aspre gole del Sagittario che lo studio accreditava per la coltivazione di oltre 100 ettari di pioppeti, i comuni di Castel del Monte (1310 mslm) con 23 ettari; Castelvecchio Calvisio (1071 mslm) con 12 ettari; Rocca Pia (1181 mslm) con 111 ettari, Prata d’Ansidonia (846 mslm) con 21 ettari, Collelongo (915 mslm) con 16 ettari, Massa D’Albe (865 mslm) con 35 ettari; oppure località cui è stata condotta la sperimentazione con scarsi o nulli successi Castel di Ieri con 46 ettari, Castelvecchio Subequo con 76 ettari, Secinaro 21 ettari ecc.
“Del resto”, afferma Fabrizi, “il parere espresso dal Coordinamento Distrettuale del Corpo Forestale dello Stato era senza appello “…l’approvvigionamento dell’ingente biomassa legnosa lascia serie incertezze in termini di disponibilità quantitativa sia per l’attualità che per il futuro, avendo al riguardo circostanziati elementi valutativi sia per la fornitura in loco che per quella reperibile in un raggio di azione di 70 Km dall’impianto”.
Confagricoltura pertanto non era e non è per il no a prescindere, ma solo perché l’investimento si basa su un approvvigionamento di biomasse nei 70 chilometri molto aleatorio.
Confagricoltura L’Aquila sollecitò vanamente la società a investire insieme agli agricoltori nel settore del Biogas (questo si investimento utile per gli agricoltori), ma solo nel 2012 l’invito è stato raccolto, tremendamente in ritardo rispetto alle 4 imprese agricole private che hanno già realizzato e messo in funzione 4 centrali a biogas.
“Confagricoltura”, conclude Fabrizi, “proprio perché non vuole essere additata “come quelli che portano il cervello all’ammasso” propone ora alla SECI energia di studiare il bando pubblico emanato dall’Autorità di Bacino del Liri-Garigliano per la “Progettazione delle opere da realizzare per la risoluzione delle criticità legate all’uso e alla disponibilità della risorsa idrica nella piana del Fucino”, e magari trovare convenienza a investire nell’idroelettrico. Ricordiamo che per i bacini idrici nel Fucino, nel piano strategico per le opere pubbliche, vi sono 99,5 milioni di euro da intercettare per realizzare un progetto, questo sì utile all’agricoltura, alle popolazioni, al territorio e all’ambiente”.