Avezzano. “Non sarà la presa d’atto approvata dal Comitato VIA lo scorso Giovedì a indebolire la nostra ferma opposizione alla realizzazione del mega inceneritore a biomasse che la multinazionale Powercrop vuole costruire a Borgo Incile di Avezzano, nel cuore del Fucino”. Questa la posizione del comitato No Powercrop sulla presa d’atto del comitato di valutazione impatto ambientale in merito alla variante del progetto di riconversione dell’ex zuccherificio di Celano. “Quella della riconversione del comparto bieticolo/saccarifero è una storia di speculazione bella e buona portata avanti da Governi e grandi produttori”, hanno continuato dal comitato, “per l’ennesima volta si assiste ad un gioco dove a farla da padrone è un sistema di imprenditoria che danneggia l’economia vera e sana che questo Paese ha da offrire, sfruttando e impattando sulle risorse ambientali senza creare vera crescita occupazionale e benessere per i territori. E questo lo sanno bene anche le RSU che tanto sbandierano al vento la necessità della costruzione di questo impianto strumentalizzando la posizione dei cassintegrati dello zuccherificio. L’Europa Non ha mai imposto all’Italia la chiusura degli zuccherifici, eppure il nostro Paese ha ceduto oltre il 50% delle quote di produzione a favore dei Paesi cosiddetti terzi. Il risultato oggi è visibile a tutti: le grandi Società come la Sadam, gruppo Maccaferri, hanno chiuso i nostri stabilimenti saccariferi e producono altrove lo zucchero per poi rivenderlo in europa, Italia compresa, che sostiene così costi aggiunti. A conti fatti chi ha perso veramente sono gli agricoltori e i lavoratori degli zuccherifici Italiani. Nella questione Marsicana, gli accordi di riconversione per lo zuccherificio di Celano prevedevano la realizzazione di una centrale ortofrutticola per lavorare i prodotti del Fucino, l’inceneritore a biomasse era una proposta in più. La multinazionale invece si è mossa solo ed esclusivamente per realizzare la tanto discussa centrale che dovrebbe bruciare biomassa in un quantitativo tale da non essere a disposizione in questo territorio, come conferma il Corpo Forestale. Ricordiamo che la centrale dovrebbe sorgere su terreni agricoli non soggetti a riconversione e appartenenti ad un territorio comunale che non è quello di Celano, dove sta il sito da riconvertire e che ha apposto la sua firma, ma Avezzano, il cui comune non è mai neppure stato preso in considerazione negli accordi firmati a suo tempo presso IL MIPAAFF. Da piano industriale presentato dalla stessa società PowerCrop, le unità lavorative impiegate nella centrale sarebbero circa 27, l’agricoltura del Fucino ne impiega almeno 15mila. L’unico scopo della centrale è quello di produrre energia col beneficio dei certificati verdi, soldi presi dalle nostre tasche: finiti questi incentivi fra 15 anni la centrale non avrà più senso di esistere e a noi resteranno solo terreni fertili sottratti all’agricoltura e inquinanti immessi nell’aria e nell’acqua e 27 persone nuovamente disoccupate. Riteniamo che il ruolo del sindacato sia quello di tutelare i lavoratori ed il territorio e non prestarsi al gioco di un sistema capitalistico che vede solo costi senza benefici. Riteniamo pertanto singolare che le RSU continuino a voler imporre questa opera speculativa strumentalizzando la condizione dei cassintegrati di Celano. E per l’ennesima volta chiediamo come mai questi sindacati non si sono battuti con tanto ardore per la costruzione della centrale ortofrutticola che ha sicuramente più senso collocata nella piana agricola del Fucino e necessita certamente di una mano d’opera più numerosa rispetto ad una centrale altamente automatizzata. Come mai gli stessi cassintegrati dello zuccherificio non si sono ma battuti per questo e per tutelare così il loro diritto al lavoro? Non sappiamo cosa ne pensino i lettori, ma a nostro giudizio tutto questo appare ambiguo, così come ambiguo fu, sempre secondo nostro parere, il Primo Giudizio favorevole rilasciato nel 2010 dal Comitato VIA della Regione Abruzzo e contro il quale attualmente pendono dei ricorsi al TAR. Crediamo che l’intero territorio marsicano e le Istituzioni che lo governano dovrebbero adoperarsi contro tale opera, il problema non è solo Avezzanese o di Luco dei Marsi, limitrofo alla paventata centrale, ma di tutti i comuni Marsicani che vivono di agricoltura: aprire oggi a questo investimento vuol dire consentire alle speculazioni di ogni sorta di farla da padrone nel nostro territorio è vero che la Costituzione Italiana difende il diritto all’impresa, ma recita anche purchè questa non si svolga in contrasto con l’utilità sociale e la sicurezza, e nel concetto di sicurezza implicita è la tutela ambientale e sanitaria”.