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Collelongo a Sant’Antonio, il senso della vita nella ricerca del passato

Redazione Attualità di Redazione Attualità
14 Gennaio 2013
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Collelongo. Il 16-17 gennaio si terra’ a Collelongo la Festa di Sant’Antonio Abate famosa celebrazione che in passato era una delle ricorrenze più sentite nelle comunità contadine. Antonio era un egiziano che nei suoi 105 anni di vita decise di vivere nella Carità,sfuggendo alle tentazioni di Satana. Egli è considerato il Protettore degli animali per eccellenza e invocato a tutela del bestiame.La Sua effigie,in passato,era collocata sulla porta delle stalle. Nella cultura popolare, Sant’Antonio Abate veniva raffigurato con accanto un porcellino  insieme a lingue di fuoco ai piedi e con in mano un bastone alla cui estremità era appeso un campanellino mentre sul suo abito spiccava una croce egiziana a forma di “T”, simbolo della vita e della vittoria contro le epidemie. Oggi in molte località italiane ma in particolare a Collelongo,da oltre 400 anni, si celebra la figura di questo Santo con una Festa che mantiene ancora la forza e lo spirito di un tempo. Per oltre una settimana,il paese e’ immerso nell’atmosfera di gioia e serenità,oserei dire ovattata, fatta di sapori veri, di musica antica, di versi senza tempo. Mentre nelle due piazze del paese ardono enormi “torcioni” di legno, la sera del 16 gennaio,dalla Chiesa Parrocchiale,parte la processione per la benedizione delle “cottore” accompagnata da musicanti paesani e ragazzi con le fiaccole che cantano la canzone dedicata al Santo, scritta e musicata dai S.ANTONIO ABATE 2013 FINE DELLA PREPARAZIONE DEL TORCIONE. (1)compianti compaesani Maestro Pasquale Cianciusi e Maestro Luigi Pisegna. Nel grande camino della cucina della vecchia dimora  viene posto un grosso treppiede e su di esso un enorme caldaio di rame, la “cottora”, dove vengono versate fino a sei coppe di granturco a cuocere in acqua e sale. E’ affascinante vedere questo grande fuoco scoppiettante, mentre intorno gli organizzatori e gli innumerevoli ospiti,che si recano a visitarla,lodano e ringraziano il Santo in diverse maniere ma con una Devozione che si mantiene dall’alba del tempo. La festa prevede, infatti, la presenza di ospiti, gente proveniente dai paesi e dalle città vicine e,addirittura,da diverse Regioni Italiane: una volta i contadini più ricchi distribuivano il granturco ai più poveri e la celebrazione diventava un atto di carità verso i bisognosi che non avevano cibo per sfamarsi.  Le “cottore” sono ornate con strumenti e decorazioni floreali che ricordano le vecchie case di una volta. Ad ogni angolo appaiono splendidi oggetti appartenuti a famiglie del passato: pentole di rame e vasi di terracotta, decorazioni con le arance, cesti di vimini tra stoffe antiche e vestiti d’epoca, coperte di lana e vasi pieni di spighe. Ad ogni “cottora” si ode almeno una fisarmonica,si osservano giovani e anziani che cantano inebriandosi con l’aria di festa che si respira in ogni via. I canti e l’allegria accompagnano la cottura del granturco, che una volta cotto prende il nome di “cicerocchi”.Questo viene posto in ciotole in attesa della distribuzione,che avviene il mattino seguente. Nelle case adibite si può quasi sempre ammirare una cucina con mobili e utensili antichi: la semplicità e la povertà del posto disarmano completamente lo spettatore; foto in bianco e nero e strumenti musicali trasportano i visitatori in un’atmosfera di ricordi sublimi fatti nostalgia del tempo che fu e di semplici,ma indimenticabili,sapori Nostrani. Viene da domandarsi: si viveva davvero così a quei tempi? La vita era tutto un raccogliersi  intorno ad un fuoco caldo o lo scambiarsi amichevolmente il cibo che ognuno possedeva; oggi, nel villaggio globale della solitudine, siamo in linea diretta con il mondo senza mai incontrarci davvero, senza mai assaporare le piccole cose di tutti i giorni. A Collelongo,in questa magica notte,il visitatore si ritrova immerso nella realtà di un tempo e si sente parte di una Comunità. E mentre viene travolto dall’allegra compagnia, all’alba ha inizio la seconda parte della festa: la sfilata delle “Conche Rescagnate”,che consiste nel portare la conca di rame addobbata dai paesani con una ragazza in costume antico. Essa porta sul capo una conca lucida, addobbata con nastrini, lustrini, a volte altarini completi di quadri del Santo, candele e festoni colorati. Cammina verso la Piazza, seguita da altre giovani che recano sul capo altre conche e preceduta sempre dall’orchestra,che ha suonato per tutta la notte,che intona la Canzone del Santo. Sembrerebbe una festa pagana quella di S. Antonio a Collelongo, se non si osservasse che essa culmina nel rito della messa e con la benedizione degli animali. Una festa, di origini antichissime, che grazie all’elemento del fuoco si prefiggeva di sconfiggere il male e le malattie sempre in agguato. Oggi ha forse un altro significato: c’è chi potrebbe far notare che è diventata ormai un incontro dedito al consumismo,dove alla fine tutto si risolve in una degustazione di vino e piatti locali,ma la valenza della celebrazione è da ricercare negli occhi illuminati d’allegria della gente del posto, nelle loro mani dalle quali traspirano ricordi lontani, nelle loro menti alla scoperta di un senso della vita che sfugge ormai a tutti.Un senso espresso dallo stesso fuoco acceso da tanti anni, una luce di speranza contro l’indifferenza, il male, la violenza del nostro mondo. Il solerte comitato organizzatore,composto da oltre 40 Persone,ha come Presidente Emanuela Pisegna,come vice Francesca Cesta  e Serena Manna e cassiera Giovina Cesta. Il tutto sotto la supervisione del Emiliano Guanciale che,da voci di corridoio,il prossimo anno presiederà l’organizzazione. Sandro Valletta

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