Non si arresta la polemica dopo il provvedimento che interrompe gli interventi nel reparto di Neurochirurgia all’ospedale di Avezzano. Secondo la Cgil, che con una lettera alla Asl ha chiesto la revoca della disposizione approntata dal primario professor Roberto Galzio, «la critica dopo l’accaduto non è solo in merito alla vicenda in questione, ma riveste carattere generale». «Se passa l’idea che ogni primario decide come e dove tagliare», afferma Dario Angelucci, segretario generale della Provincia dell’Aquila, «allora c’è un problema di metodo nella Asl e ciò emerge anche alla luce delle dichiarazione del direttore sanitario Colitti che si è detto in sintonia con il primario. Non si può andare avanti con provvedimenti isolati», sottolinea Angelucci, «manca il ruolo di coordinamento. Ci aspettiamo di essere convocati dalla Asl».
Dura anche la replica del sindaco di Avezzano alle accuse che gli sono state mosse dopo il suo disappunto relativo al provvedimento. «In qualità di qualunquista, prima ancora che di sindaco di Avezzano», afferma Floris, «vorrei precisare al professor Renato Galzio che le mie parole dell’altro giorno, che peraltro confermo appieno, non rappresentano un atto di sfiducia nei suoi confronti come professionista medico, per cui le sue ventilate dimissioni non sono argomento di discussione, ma, invece, l’espressione della legittima preoccupazione per il livello e la qualità della assistenza sanitaria offerta al territorio marsicano. E se la devo dire tutta, la conferenza stampa di ieri con le giustificazioni tecniche addotte, per carità tutte documentate e incontrovertibili, non fanno che aumentare questa preoccupazione. Prima di prendere atto dell’improvvisa carenza di personale nel reparto di Avezzano (sbaglio se parlo di fuga?) è domanda oziosa chiedersi come mai dei valenti professionisti che fino a ieri lavoravano qui e, che a più riprese, avevano confermato l’intenzione di restare in questa sede, sono partiti per altri lidi? Ed è domanda oziosa chiedere se si ha intenzione di sostituirli e quando? Sono solo in malafede se penso che il persistere di una situazione di carenza di personale, oggi motivo per la sospensione dell’attività possa in futuro rappresentare il più comodo degli alibi per la definitiva chiusura? E a quanti dicono, giustamente, che bisogna fare i conti con l’attuale gravissima situazione del deficit sanitario e che, pertanto, sono necessari sacrifici vorrei chiedere se la chiusura di due ospedali e di una casa di cura nella Marsica e l’attuale situazione operativa del nosocomio avezzanese non rappresentino già un più che pesante contributo pagato alla causa del risanamento? Cosa altro dobbiamo dare? Al Consigliere regionale Dott. Giuseppe Di Pangrazio poi consiglio di leggere le dichiarazioni di oggi del Presidente Chiodi e di porsi la domanda se nella creazione di quel sistema perverso di posti di potere nel mondo della sanità la sua parte politica non abbia mai giocato alcun ruolo. Troverà sicuramente validi motivi per parlare di meno».
Una proposta arriva dall’ex primario, fondatore del reparto, Maurizio Fontana. «Vedendo le foto dell’inaugurazione del reparto nel 2001», ricorda, «ho provato un sentimento contrastante di nostalgia e di dissenso: nostalgia per quella stupenda avventura durata dieci anni di creare dal nulla un reparto ultra specialistico dopo vari anni di consulenze e di viaggi della speranza di giorno de di notte semmai con la mia auto dietro l’ambulanza per interventi d’urgenza da eseguire a Roma al Regina Elena dove allora prestavo servizio. La creazione del reparto e la formazione di medici e infermiere, l’entusiasmo di alcuni chirurghi generali che sollecitati dalla mia voglia di creare un reparto funzionante con le risorse locali in modo da non avere medici di passaggio, loro già specialisti decisero di iscriversi a una nuova specializzazione per diventare neurochirurghi. Le infermiere, valutando i soddisfacenti risultati clinici raggiunti, diventarono ottime assistenti e ancora oggi non riesco a dimenticare la loro abnegazione a voler rimanere in un reparto dove si faticava di più ma si era uniti dallo stress di un lavoro duro che scompariva dopo il risveglio di un malato in coma operato e guarito. Rabbia perché non si è voluto e non potuto salvare un reparto nato 10 anni fa con la partecipazione di forze politiche sociali e sindacali che capirono come sia dal punto di vista etico ed economico andava creato». Poi fontana si chiede se è economico chiudere il reparto. «Dieci anni fu stabilito che aprire il reparto, considerando la spesa a cui era sottoposta la Asl nei trasferimenti in altre Asl. La popolazione, il sindaco e molti politici sanno come ha lavorato il reparto negli anni. Invece di chiudere neurochirurgia non si poteva ridurre di qualche unità il servizio amministrativo della Asl o i reparti meno attivi o qualche direttore di troppo? Con la chiusura si tornerà indietro con i viaggi della speranza, confidando nel fatto che un bambino con un ematoma epidurale cranico di Pescasseroli o Balsorano in un pomeriggio invernale, magari mentre nevica, e quindi senza la possibilità di un elisoccorso, trasportato da un’ambulanza ce la faccia in due ore a raggiungere L’Aquila, ben sapendo che quasi sempre mezz’ora è troppo. Spero che le autorità politiche della Marsica colgano il mio invito di riflettere sul danno della chiusura del reparto. Chiamino un responsabile neurochirurgo anche tra gli amici aquilani, magari suggerito dell’attuale primario Galzio, per costituire un reparto autosufficiente, capace di dominare almeno le urgenze neurochirurgiche, mentre la neurochirurgia di elezione sarebbe trattata all’Aquila».