Tagliacozzo. La nuova delibera aziendale della Asl 1 Abruzzo, approvata il 7 luglio 2025, accende i riflettori sulla razionalizzazione dei servizi di emergenza territoriale. Il provvedimento, mirato a contenere la spesa sanitaria dell’esercizio 2025, prevede testualmente “l’interruzione turno notturno medico Ppi Pescina e Tagliacozzo con riduzione di tutte le attività a giuntive, co.co.co. e straordinario“. La dicitura non lascia spazio a interpretazioni. Quello che potrebbe restare è un servizio con degli infermieri. Ma questo non è specificato. Di fatto, però, senza personale medico, si tratterebbe di una chiusura del servizio medico. Una vera beffa dopo le numerose promesse dei politici regionali che hanno sempre assicurato la popolazione. L’interruzione del turno notturno dei medici nei Punti di Primo Intervento (PPI) di Tagliacozzo e Pescina è una misura che, pur inserita in un più ampio piano di revisione organizzativa, desta preoccupazione nei territori interessati, soprattutto in termini di tempestività e sicurezza nell’assistenza notturna. In queste ore sta già montando la protesta con comitati e sindaci pronti a scendere in piazza.
La decisione comporterà, secondo il documento ufficiale, una approvato il 7 luglio, riduzione significativa delle attività aggiuntive, comprese le collaborazioni coordinate e continuative (co.co.co.) e lo straordinario. Il piano rientra nella strategia più ampia della Direzione Strategica aziendale, chiamata a garantire una riduzione di spesa pari ad almeno il 2% rispetto al bilancio 2024, su indicazione vincolante della Regione.
Se da un lato la Asl chiarisce che si tratta di una riorganizzazione delle risorse – e non di una chiusura formale dei due presidi – dall’altro resta alta l’attenzione da parte dei cittadini e delle amministrazioni locali, che non capiscono come possa essere soccorsa una persona senza il medico e temono un impoverimento progressivo dei servizi sanitari nelle aree interne.
Razionalizzazione anche negli ospedali: dimezzati i posti di terapia intensiva a Sulmona e Castel di Sangro. Accanto alla rimodulazione dei PPI, la delibera prevede infatti ulteriori misure incisive che riguardano i principali ospedali della provincia. Tra queste, spicca la riduzione dei posti letto in terapia intensiva negli ospedali di Sulmona e Castel di Sangro, dove i posti scendono da otto a quattro. Una scelta giustificata dall’obiettivo di contenere le spese correnti e razionalizzare i turni del personale, ma che solleva interrogativi sull’effettiva capacità di risposta in situazioni di emergenza complessa.
Nel pronto soccorso di Sulmona, si registra anche un taglio alle consulenze interne, alle trasfusioni per pazienti cronici, e una riduzione del posizionamento di accessi venosi per dialisi e oncologia, oltre a una stretta sugli esami endoscopici per emorragie in pazienti stabili.
Ad Avezzano e L’Aquila si intensifica il monitoraggio sull’appropriatezza dei ricoveri in terapia intensiva, con dimissioni anticipate per i pazienti stabilizzati, supportate da un’attività di bed management. Contestualmente, viene chiesto un uso più oculato di farmaci ed esami di laboratorio, pratica già in corso da inizio anno.
Altro punto la demedicalizzazione delle postazioni del 118 e tagli alla reperibilità Oss. Prosegue infatti la demedicalizzazione di alcune postazioni a causa della cronica mancanza di medici, situazione che si riflette anche nell’ospedale di Castel di Sangro, dove è stata eliminata la reperibilità per gli operatori socio-sanitari (Oss).
Si tratta evidentemente di una rete sanitaria sotto pressione
Le misure adottate si inseriscono in un contesto delicato: la Asl 1 – che copre un territorio vasto e montano con ben 73 punti di erogazione – riceve da anni un finanziamento regionale inferiore rispetto alle altre aziende sanitarie abruzzesi. Un dato strutturale che, combinato con un aumento delle spese e con la rigidità dei vincoli di bilancio, rende particolarmente complesso il mantenimento di una sanità capillare ed efficiente.
Secondo i vertici aziendali, queste manovre non intaccheranno i livelli essenziali di assistenza (LEA), ma la percezione pubblica resta scettica, specie in quei territori dove la riduzione dei servizi viene vissuta come un segnale di abbandono. La sfida, per la nuova direzione strategica che si insedierà, sarà quella di coniugare il rigore economico con il diritto alla salute, soprattutto nelle aree interne più fragili. In attesa di nuovi chiarimenti ufficiali e prese di posizione da parte degli enti locali, resta vivo il dibattito tra cittadini e istituzioni: quanto può essere “sostenibile” una sanità che risparmia sulla presenza notturna nei presìdi di emergenza? E quali sono i veri margini di efficienza senza scivolare nel rischio clinico?