Roccavivi. Verrà presentato domani, nella sede della Pro Loco di Roccavivi, il libro “Cento lettere. Dalle sbarre alle stelle”, la storia di Attilio Frasca, originario del paese rovetano, oggi detenuto a Pescara, raccontata attraverso dieci anni di corrispondenza con l’amico Massimo.
Nel volume sono presenti anche i contributi dell’attore Flavio Insinna e di Franco Pettinelli, direttore della Casa circondariale di Pescara.
Una storia destinata ad accompagnare a lungo il lettore. Una storia potente e prepotente, dolorosa e meravigliosa, di sconfitta e di rinascita. È la storia di un’amicizia meravigliosa, quella tra Attilio e Massimo, una storia vera. Questo è “Cento Lettere. Dalle sbarre alle stelle”, scritto a quattro mani da Attilio Frasca con il regista RAI Fabio Masi.
Il libro si è trasformato in uno spettacolo omonimo prodotto dal Teatro Stabile d’Abruzzo, diretto da Simone Cristicchi, e messo in scena, con debutto lo scorso 1 dicembre, dai detenuti della Casa circondariale di Pescara, con la partecipazione dell’attore Flavio Insinna, sotto la regia di Ariele Vincenti.
Massimo e Attilio sono cresciuti insieme ma hanno preso due strade completamente diverse: Massimo si è costruito una vita nuova, “libera”, ha una famiglia e dei figli, Attilio è entrato in una spirale autodistruttiva. L’infanzia, gli anni dell’adolescenza e quelli sempre più bui tra droga, furti e risse allo stadio: c’è tutto in questo libro intenso, in un susseguirsi di eventi tragicomici che in un crescendo di follia lo porteranno una notte a commettere l’irreparabile. Da lì la condanna a 30 anni di reclusione per omicidio di primo grado.
Una storia vera, senza sconti, quella di Attilio Frasca, che non si nasconde dietro inutili scuse. Tutto è in mostra, il buono e il cattivo: il male, ma anche un’anima piena di speranza, un amore sconfinato per la propria famiglia e un’amicizia piena di tenerezza. In Cento lettere. Dalle sbarre alle stelle si segue Attilio su due binari: verso il basso, mentre tira le fila della propria vita, e verso l’alto, nelle lettere, in cui la rabbia si stempera in una nuova maturità. Due percorsi paralleli che si uniscono nel luogo più improbabile, il carcere, il punto di svolta che ha messo Attilio davanti ai suoi errori e lo ha costretto a pensare a sé, a ciò che aspira nella vita: “non posso accettare di uscire peggio di come sono entrato. Desidero un nuovo orizzonte davanti a me; oggi, come mai prima d’ora, voglio poter immaginare un futuro”.
E in questo cammino rimane, discreta, la presenza di Massimo che ha sempre visto in Attilio un diamante che brilla sotto la cenere. Alla fine del libro il lettore ha davanti l’Attilio di prima e l’Attilio di oggi, e allora sorgerà spontanea la domanda: come possono essere la stessa persona?
Cento lettere è un libro per chi crede che si possa cambiare, sempre. Per chi crede che una speranza c’è, sempre. E soprattutto per chi non ci crede, perché forse, andando oltre il pregiudizio, potrà vedere quanto è possibile e meraviglioso.