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Case chiuse? l’ultima proposta “riapriamole al contrario”. Man at work!

Redazione Attualità di Redazione Attualità
9 Ottobre 2013
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Carsoli. La notizia della raccolta firme sulla abrogazione parziale della legge Merlin ha suscitato un certo scalpore ed il dibattito su questa tematica che sembrava archiviata nel tempi dei tempi è invece piu’ attuale che mai. Dopo l’articolo che annunciava questa iniziativa referendaria  abbiamo addirittura ricevuto messaggi del tipo “Le case chiuse si riaprano al contrario”, ossia con i signorini al posto delle signorine.  Una sorta di “man at work”, che non sarebbe certo  l’attività annunciata in questo modo con i segnalatori visivi delle autostrade.  I tempi sono sicuramente cambiati, è cambiato l’approccio, i contatti sociali, e l’evoluzione forse ha lasciato il posto ad una sorta di involuzione.  Nel vedere le immagini a corredo di seguito spiegate, sembra quasi che all’epoca …erano piu’ all’avanguardia di oggi. Ma quale è l’obiettivo di questo referendum abrogativo parziale che viene proposto? I promotori vorrebbero “restituire decoro alle strade”, eliminando lo sfruttamento e trasformando le prostitute in libere professioniste del sesso. In pratica, rendendo il sesso un’attività imprenditoriale, così come avviene in altri otto paesi europei. Ma non solo: c’è anche spazio per la finanza creativa di tremontiana memoria.  Sarebbe possibile trovare per le casse dei Comuni e quelle dello Stato nuove entrate, sempre utili in un periodo di recessione economica. E’ partito da Mogliano Veneto, in provincia di Treviso, il tentativo di abrogare parzialmente la legge Merlin  attraverso un referendum : la normativa, che porta il nome della socialista Lina Merlin,  veneta e prima senatrice della storia repubblicana, dispose nel 1958 la chiusura delle “case di tolleranza ”, l’abolizione della regolamentazione della prostituzione in Italia e l’introduzione di una serie di reati intesi a contrastare lo sfruttamento della prostituzione. Ora se ne torna a parlare, a distanza di oltre cinquant’anni. O per lo meno per parlare se ne è parlato sempre, solo che ora con questa proposta referendaria potrebbero essere  i cittadini a dire la loro. Il Comune di Carsoli, così come hanno fatto altri Comuni d’Italia, non ha fatto altro dunque che dare pubblicità a questa iniziativa, con la possibilità di firmare a “sostegno” di case chiuse 2questo referendum. L’obiettivo specifico è abolire l’articolo 7 del testo che nel 1958 liberò le sex workers dalle case chiuse e  ne proibì la schedatura. Si eliminerebbe il reato di favoreggiamento della prostituzione, ma non quello di sfruttamento. Tra i sindaci che hanno aderito alla campagna, in maggioranza esponenti di Lega e Pdl, quello che piace è soprattutto l’idea di creare zone chiuse per le  sex workers e pensare alle entrate derivanti dalla tassazione di una professione che sarebbe così regolamentata. Ma torniamo ora alla storia delle case di tolleranza, e ai tempi ormai andati. Ce ne erano di tutti i tipi, da quelle piu’economiche a quelle di lusso.  Sorridiamo nel leggere i cartelli, e anche nel vedere l’immagine a corredo dell’articolo del preservativo della HATU di Bologna in dotazione all’esercito per la campagna d’Abissinia realizzato in lattice con una particolare vulcanizzazione che lo rendeva particolarmente resistente ai climi tropicali, correva l’anno  1935.
Poi possiamo osservare come il tariffario ufficiale (foto n. 5) era realizzato in pergamena o in lamiera smaltata, doveva essere sottoposta al vaglio dell’autorità comunale ( Podestà) col pagamento della tassa d’affissione (relativo bollo comunale e timbro), l’autorità del prefetto che ne vidimava i prezzi (col bollo di stato e timbro della prefettura), e l’autorità della censura che istituiva una speciale commissione composta dai censori con a capo un ecclesiastico (non un prete comune ma un monsignore).Il nudo femminile era parzialmente tollerato, ma la pornografia era severamente vietata e perseguita. Nella foto seguente, possiamo osservare invece il tariffario ufficiale di un locale di meretricio privato, come in ogni tabella  sono presenti il bollo di stato, vidimato dal timbro della prefettura, la tassa comunale d’affissione con timbro del comune, e il timbro del visto della commissione per la censura. Abbiamo voluto pubblicare questo approfondimento perchè su questo tema ci sono state rivolte molte domande, sia di natura procedurale che etico-sociale. Tutto nel rispetto dei convincimenti personali e del comportamento dei singoli dei quali poi ciascuno risponde nella propria coscienza. Daniele Imperiale

 

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