Una folla colorata di principesse, supereroi, maghetti, animali di ogni tipo, si prepara a invadere le strade italiane in mezzo a coriandoli e stelle filanti, a grandi passi verso il Carnevale: la festa più colorata e pazza dell’anno.
MA COME SI CALCOLA IL CARNEVALE?
Il carnevale è collegato alla Pasqua che è una festa mobile. Per calcolare la Pasqua si parte dal giorno d’equinozio di primavera, il 20 o il 21 di marzo. Si prende il primo giorno di luna piena dopo l’equinozio (o il giorno stesso, regola maggiore o uguale) e la prima domenica successiva al giorno di luna piena viene eletta come giorno di Pasqua. Carnevale 2025: Giovedì grasso, 27 febbraio, domenica di Carnevale, 2 marzo e il Martedì grasso 4 Marzo.
DA DOVE DERIVA IL NOME?
Non si sa da dove derivi il nome ‘carnevale’: c’è chi dice da car navalis, il rito della nave sacra portata in processione su un carro; secondo altri significa carnem levare (“togliere la carne”) o carne vale (“carne, addio”) e allude ai digiuni quaresimali, dato che il Carnevale si conclude con il martedì grasso, il giorno che precede, nei paesi cattolici, il mercoledì delle Ceneri. Nel Medioevo il Carnevale era il tempo delle scorpacciate comunitarie e delle danze infinite. Come a Capodanno, semel in anno licet insanire: si può ben essere folli una volta l’anno. I ruoli sociali si invertivano: gli uomini si vestivano da donne e viceversa, i poveri da ricchi, i ricchi da accattoni o da giullari.
LE MASCHERE ITALIANE
Come si spiega nell’enciclopedia Treccani – nacquero a Venezia e sono già ricordate verso la fine del Tedicesimo secolo. Erano usate per diversi scopi. Da Venezia si diffusero in Italia e in Europa e furono adottate dal teatro dell’arte. Ebbero la massima diffusione nei festini di Carnevale del Settecento, in cui conobbero grande fama personaggi come Rosaura la dama, Florindo l’innamorato, Lelio il bugiardo, inseriti da Goldoni nelle sue commedie.
Le maschere celebrano le tradizioni delle città e delle regioni d’Italia: il Piemonte con Gianduia, Bergamo con Arlecchino, Venezia con Pantalone e Colombina, innamorata di Arlecchino, Milano con Meneghino, la Toscana con Stenterello, Roma col Sor Tartaglia, con Rugantino e Capitan Spaventa, Napoli con il mitico Pulcinella, la Sicilia con Peppe Nappa e i personaggi della tradizione dei paladini.
Già nell’antica Roma, coi Saturnali, o nelle feste dionisiache greche, si era soliti dedicare un momento dell’anno a scherzi e ribaltamenti dell’ordine sociale, lasciando libero sfogo ai cittadini di dedicarsi a momenti di divertimento e baldoria.
PERCHE’ CI SI MASCHERA?
L’usanza deriva sempre dai Saturnali, dove per una volta si dava la possibilità di ribaltare le gerarchie, i poveri potevano fingersi ricchi e le dame e i nobili diventare delle persone qualunque, mescolandosi tra la folla. Quanto ai coriandoli risalgono al Rinascimento, e si chiamano così perché allora erano fatti di semi di coriandolo appunto, o di mandorle, glassati con lo zucchero. Riguardo all’usanza di lanciarli in aria, nell’antica Grecia si era soliti dopo una battaglia lanciare in aria dei fiori per partecipare al trionfo dei vincitori, in questo caso simboleggia la partecipazione alla festa carnevalesca. I festeggiamenti del Carnevale si concludono, da tradizione, con il Martedì Grasso, il giorno che precede il Mercoledì delle Ceneri che segna l’inizio del periodo di Quaresima prima della Pasqua. L’ultimo giorno di Carnevale assume l’epiteto di “grasso” proprio perché consisteva nell’ultimo giorno in cui era permesso, dalla Chiesa Cattolica, sia di festeggiare che di mangiare determinati cibi come la carne, i dolci e tutti gli altri gustosissimi avanzi dei banchetti di Carnevale. Dopo questo giorno, infatti, prendeva il via il periodo di penitenza prepasquale che prevedeva l’astinenza dai divertimenti e dai cibi considerati “grassi”.