L’Aquila. “Vorrei fare un appello pubblico al ministro della Giustizia Nordio affinché revochi il 41 bis ad Alfredo Cospito. Il militante anarchico non è stato condannato per nessun reato di sangue, si trova detenuto col regime del carcere duro nella struttura più dura e lontana che esista, quella di Sassari. E rischia seriamente la vita dopo oltre cento giorni di sciopero della fame”. Così l’imprenditore aquilano Giulio Petrilli sulla vicenda dell’anarchico pescarese Alfredo Cospito. Petrilli nei decenni scorsi ha scontato sei anni di carcere duro con l’accusa di essere militante delle Brigate Rosse, per poi uscire assolto da ogni addebito. Da anni è portavoce del comitato “per il diritto al risarcimento a tutti gli assolti”, per ottenere il risarcimento per ingiusta detenzione, e in tal senso ha già inviato una serie di lettere al ministro Nordio.
“Cospito ha capito che il 41 bis, e per di più in quel luogo, segna la sua fine fisica e mentale e allora ha deciso che, se rimarrà così, preferirà morire – spiega ancora Petrilli – E lo sta facendo, essendo in sciopero della da oltre 100 giorni. La dottoressa che lo segue ha detto che ‘anche se smetterà non è certo che sopravviverà’. Che aspetta il ministro della giustizia a revocargli il 41 bis? Quando morirà, saranno contente le persone senza umanità! In tal senso, devo sottolineare le parole di sensibilità e di garantismo espresse da Carlo Calenda”. Petrilli collega la sua vicenda a quella di Cospito: “Ho scontato sei anni, quasi tutti in 41 bis, ai miei tempi si chiamava art. 90. So cos’è e come ti distrugge. Sono stato assolto e tanti parlamentari ed europarlamentari stanno scrivendo al ministro Nordio che ho il diritto al risarcimento. Non risponde a me, amen, vado avanti lo stesso. Ma non rispondere a una persona che sta morendo è gravissimo”. Secondo Petrilli, “Cospito, avendo letto alcune sue dichiarazioni, non recederà, per cui senza un intervento urgente e immediato di revoca del 41 bis si lascerà morire”. “Però il ministro, il governo, devono sapere che la sua morte sarà come quella di Bobby Sands, il martire dell’Irlanda cattolica. Sarà paragonata a quella di Jan Palak, che si lascio’ bruciare in piazza San Venceslao a Praga contro l’invasione russa”.
“Il carcere di massima sicurezza dell’Aquila è un bunker reale. Ricordo che un detenuto che stava lì, dei Casalesi, mi diceva ‘voglio andare a Guantanamo’, qui è terribile”. Così l’imprenditore aquilano Giulio Petrilli, che chiede la revoca del 41 bis all’anarchico Alfredo Cospito, interviene nel dibattito sul carcere duro. Petrilli nei decenni scorsi ha scontato sei anni di carcere duro con l’accusa di essere militante delle Brigate rosse per poi uscire assolto da ogni addebito: da anni conduce una serrata battaglia, tra le altre cose, come portavoce del comitato “per il diritto al risarcimento a tutti gli assolti”, per ottenere il risarcimento per ingiusta detenzione e in tal senso ha già inviato una serie di lettere al ministro Nordio.
Petrilli conosce la struttura aquilana, dove è attualmente rinchiuso anche il boss di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro, per averla visitata con Marco Pannella: “Nella mia città il destino ha voluto che ci fosse il carcere con il più alto numero di detenuti al 41 bis. Oggi poi, con l’arrivo di Messina Denaro, tutti i riflettori sono puntati sul carcere dell’Aquila. Io l’ho visitato tante volte, in particolare con Marco Pannella, manca tanto una figura come la sua. Un garantista vero, uno che si batteva per i principi. Quando lui entrava in carcere veniva rispettato da tutti, dagli agenti penitenziari ai detenuti considerati molto pericolosi. Lui era il maestro dei diritti civili”. Petrilli fornisce altri particolari: “E’ una cassaforte dove non filtra nulla. Io l’ho visitato tante volte. Ha anche l’unica sezione femminile adibita al 41 bis. Dove sembra di entrare nel caveau di una banca – spiega ancora – Ha tante aree riservate, interi padiglioni riservati ai detenuti considerati più pericolosi, dove ora sta Messina Denaro. Isolamento totale”.