Capistrello. Una bella giornata quella che ha visto il “Caffè letterario” itinerante fermarsi al bar di Agostino, che ringraziamo per la preziosa disponibilità. L’incontro/dibattito su Fontamara si è svolto in una sala gremita di persone. Diverse le nuove presenze e vari gli interventi che hanno consentito un dibattito ampio e articolato su un’opera che ha suscitato continui rimandi a quella che sembra essere la condizione dei “nuovi cafoni” del terzo millennio, non meno vittime di tradimenti e manipolazioni rispetto a quelli narrati da Silone. Il cafone del Fucino, vessato e sfruttato dai padroni del latifondo non è dissimile, come prigioniero di un destino ineluttabile, al laureato di oggi, precario, assunto con contratto a termine. Nell’intimo del cafone marsicano di Fontamara percepiamo il forte radicamento di una cultura antropologica legata all’esperienza e ai racconti tramandati all’interno della comunità dove tutti si conoscono e dove ognuno si sente parte integrante di una storia comune. Elementi questi che rappresentano altrettanti ancoraggi che aiutano a sopravvivere e resistere alla loro condizione di ultimi. Silone fa dire a Michele Zompa. “In capo a tutti c’è Dio, padrone del cielo. Questo ognuno lo sa. Poi viene il principe Torlonia, padrone della terra. Poi vengono le guardie del principe. Poi vengono i cani delle guardie del principe. Poi, nulla. Poi, ancora nulla. Poi, ancora nulla. Poi vengono i cafoni. E si può dire ch’è finito.” Molto interessante l’approfondimento di Primo Di Nicola, giornalista de Il Fatto Quotidiano, che ha ampliato il ragionamento su Silone militante politico e alto dirigente del Pci, disgustato dai metodi del suo partito, da cui verrà espulso con l’accusa di essere un doppiogiochista. Anche la dimensione del Silone uomo, ha trovato spazio nel dibattito attraverso l’esplorazione della sua profonda integrità morale, che forse alimenta quel corrosivo senso di colpa da cui lo scrittore è pervaso per la morte del fratello minore, Romolo Tranquilli, ucciso in prigione dal regime fascista, proprio come accade a uno dei Cafoni di Fontamara, Berardo Viola. Fontamara può essere considerato il testamento politico di Silone? Questa l’interessante considerazione fatta da Lara Di Marco, giovane studentessa universitaria tra i tanti giovani presenti all’incontro. L’opera siloniana non può prescindere sicuramente dall’impegno politico dello scrittore né tantomeno dall’immenso valore civile che permea tutta la sua produzione letteraria. D’altra parte, qual è la differenza tra i movimenti che oggi in Marsica si oppongono alla Powercrop e i Fontamaresi che lottano contro l’impresario che vuole rubare loro l’acqua? Anche di questo si è parlato al “Caffè letterario” itinerante. Per il prossimo “Caffè letterario”, in programma il 23 aprile, viene proposto un piccolo sondaggio sul gruppo aperto di facebook “l’Isola che non c’è & democrazia partecipativa”, dove tutti possono votare. Il sondaggio, si propone di raccogliere il gradimento sui tre libri che saranno la scaletta di discussione dei prossimi tre appuntamenti. L’ordine sarà quello che uscirà al termine della consultazione. Queste le proposte. Se questo è un uomo, di Primo Levi. La testimonianza dura e cruda della sua prigionia nel campo di concentramento di Auschwitz. Levi sopravvisse alla deportazione nel campo di Monowitz, lager satellite del complesso di Auschwitz. Ragazzi di vita, di Pier Paolo Pasolini, è un romanzo sul mondo delle borgate e delle periferie di Roma. Nel libro è rappresentato il degrado, la miseria e le pulsioni più abiette di personaggi che agiscono istintivamente senza filtri ai confini della Capitale, nell’Italia del boom economico. Il giorno della civetta di Leonardo Sciascia è la prima opera letteraria italiana in cui si affronta in termini espliciti e chiari il tema della mafia. Ispirato dall’assassinio ad opera della mafia, a Sciacca, del sindacalista comunista Miraglia.