Avezzano. Nascondevano i fucili sotto le rocce, nei pressi dei pascoli degli animali selvatici protetti all’interno del parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, e dopo averle utilizzate per abbattere, prevalentemente cervi, le riponevano nei nascondigli, mentre gli animali uccisi venivano macellati e depezzati sul posto. Dodici persone hanno ricevuto altrettante informazioni di garanzia in cui si ipotizzano i reati di associazione per delinquere finalizzata al bracconaggio, utilizzo di armi clandestine per l’abbattimento di animali protetti e non protetti nell’area del Pnalm e ricettazione. Si tratta di due persone di Guidonia, sei di Pescasseroli e quattro di Bisegna, tra cui una donna. Le indagini, condotte dal Corpo Forestale di Avezzano, sono partite lo scorso anno quando i forestali arrestarono nel parco d’Abruzzo due persone armate, mentre una terza riuscì a dileguarsi, probabilmente con la carne degli animali uccisi. Attraverso pedinamenti, appostamenti e inseguimenti gli agenti del Corpo Forestale sono riusciti a ricostruire le attività della banda di bracconieri il cui scopo era quello di vendere la carne degli animali uccisi a ristoranti e privati della Marsica. I bracconieri si riunivano a Bisegna e qui avveniva la divisione dei compiti: alcuni utilizzavano le armi, altri macellavano e altri ancora erano adibiti al trasporto delle carni. Le indagini sono ancora in corso e non si esclude che nella vicenda possano essere coinvolte altre persone.