L’Aquila. Il capogruppo di Api in Consiglio Comunale, nel suo intervento, ha denunciato il mancato rispetto dei termini previsti per la predisposizione e deliberazione del DPEFR, della legge di bilancio e finanziaria da parte della Giunta, che non ne ha consentito la comprensione accurata riducendo il dibattito in aula ad una parvenza di confronto politico. “Ci siamo trovati – evidenzia Milano – ad esaminare in modo concitato cifre e voci contabili, relative a dati economico-finanziari che incideranno sulla vita degli abruzzesi per i prossimi anni; costretti a discuterne in tempi strettissimi, con un tour de force che non rappresenta certo un esito scontato o ineluttabile ma che è semplicemente il frutto di reiterate inosservanze delle prescrizioni normative contenute nello Statuto. Gli atti fondamentali della Regione, che ne determinano l’indirizzo politico ed economico-finanziario sono stati sottoposti al Consiglio con un ritardo tale da pregiudicarne una seria analisi e la stessa possibilità di una critica costruttiva ed efficace. Sul terreno più specifico della finanza regionale – ha osservato il capogruppo di API – si sarebbe dovuto discutere e possibilmente concordare un programma di alleggerimento del peso fiscale sul lavoro e sulle imprese, condividere l’ambizioso obbiettivo ed escogitare strategie adeguate per puntare al pareggio dei conti senza l’ausilio della leva fiscale, che in Abruzzo è ai massimi consentiti. Dire da subito quando e come si inizierà un processo di rientro dai massimali dell’addizionale regionale Irpef e dell’Irap, scattati a suo tempo a causa dell’extra-deficit sanitario. Vero è – ha proseguito l’esponente politico dell’API – che anche nella nostra Regione sale una domanda di giustizia sociale e di più equa distribuzione del reddito. Il bilancio regionale e la norma finanziaria confermano che non si è nemmeno tentata una via che mirasse a tutelare il ceto medio e quello meno abbiente, facendo pagare di più a chi più ha. In particolare, sul tema della finanza, nel documento di programmazione non risulta definito: né l’anno in cui si prevede il pareggio dei conti regionali senza l’utilizzo della fiscalità aggiuntiva; né il conseguente processo di rientro dalle addizionali regionali Irap e Irpef; né la previsione di linee guida per gli enti locali in materia fiscale e tariffaria, e di uno schema regionale sulle tariffe; né il tema dello snellimento dei costi della Pubblica Amministrazione, con particolare riguardo alla sua efficacia/efficienza; né il tema della riduzione dei costi della politica, a tutti i livelli. Abbiamo aumentato l’addizionale Irpef, introdotto il ticket sanitario, rincarato il bollo auto, aumentato l’accisa sulla benzina ma non abbiamo imposto “sacrifici” alla classe politica, tagliando, oltre al vitalizio, i privilegi ancora esistenti. Le Regione Abruzzo è chiamata, allora, al termine dell’anno, a riflettere se stia percorrendo la strada delle riforme, da attuarsi attraverso un’attività di programmazione e di concertazione, mediante una organica delega di funzioni e attività amministrative ai livelli sub-regionali nonché per il tramite di una riforma della macchina amministrativa che tenda ad una maggiore snellezza e alleggerimento delle funzioni gestionali e burocratiche; o se piuttosto non stia viaggiando in direzione opposta, alimentando la burocrazia degli Assessorati, anche all’esito di una indiscriminata soppressione degli Enti strumentali, che ha finito per appesantire l’attività regionale, con il dilatamento delle funzioni amministrative a tutto discapito di quelle di programmazione. La vicenda della soppressione dell’ARSSA dimostra, infatti, che si è voluto creare un Superassessorato, accentrando funzioni e risorse, mentre un numero rilevante di lavoratori, cui era stato promesso la permanenza nelle sedi di servizio, che hanno acquisito competenze specifiche e sviluppato un patrimonio tecnico-organizzativo, viene ancora tenuto nell’incertezza e nella provvisorietà; tutto ciò a motivo della carenza di una pianificazione condivisa con tutte le forze in campo. Si è realizzato, inoltre, a livello di politica regionale un ripiegamento autoreferenziale che ha indotto questa maggioranza, come conferma l’odierna sessione di bilancio, a non cogliere le occasioni offerte dal confronto democratico, mantenendosi distanti dalle istanze territoriali e dalle forze di opposizione senza mai ricercare scelte condivise e lungimiranti. La politica regionale – ha concluso Milano – è a rischio commissariamento, se è vero come è vero che il ceto medio non ce la fa più e semi di tensione sociale crescono e si diffondono tra i poveri e tra chi ha troppo e chi vede togliersi via anche il poco che ha, minando la coesione sociale. Non è più il tempo dell’approssimazione. Dobbiamo lavorare tutti per recuperare per quanto possibile quella unitarietà della programmazione che è venuta drammaticamente meno e riconsegnare al Consiglio regionale il suo ruolo istituzionale”.