Avezzano. Aveva girato il mondo con la sua arte e stretto le mani di migliaia di persone del jet set. Poi si era ritirato ad Avezzano combattendo contro le problematiche della vita. Ieri, dopo una lunga malattia, Domenico Colantoni, artista poliedrico, conosciuto in tutto il mondo per il suo modo di rappresentare la realtà nella pittura, nel cinema e nelle diverse forme di arte espressiva è morto. Renato Barilli parlando di lui disse che «il rapporto di base che Colantoni stabilisce con la realtà è di tipo lucido e ossessivo: si potrebbe anche dire fotografico, se questo termine non fosse troppo neutro e indifferente: la fotografia non selezione mentre invece di selezione è capace l’occhio di questo artista». Partito da Paterno, frazione di Avezzano, con una matita in mano e una voglia di esprimersi, Colantoni è stato apprezzato da mercanti e artisti con i quali ha stabilito da subito un rapporto alla pari, un confronto costruttivo. In questi giorni, proprio nella sua città, è stata allestita una mostra “Colantoni marsicano” (nell’ex scuola Montessori) apprezzata anche dal critico d’arte Vittorio Sgarbi.
“Ho iniziato semplicemente facendo dei disegni che poi regalavo ai miei amici”, raccontò nella sua ultima intervista, “tutto quello che accadeva intorno a me lo dipingevo, senza un preciso obiettivo. Non avevamo ideologie nè idee, eravamo dei ragazzi che si incontravano per trascorrere del tempo insieme. Io poi, tutto quello che vedevo lo riproducevo, ma solo per loro. Io mi sono ritrovato a Montevideo in Uruguay e lì ho vissuto e sono cresciuto artisticamente. Ho lavorato poco e spesso sono stato io a dare lezione agli altri artisti. Anzi posso dire che io dipingevo e loro copiavano. Vivere in un’altra nazione è sempre importante, ti permette di vedere realtà diverse e culture diverse. Io vivevo in un posto privilegiato a Punta del Este dove avevo una villa che mi avevano messo a disposizione i miei mercanti con vista sul lago. Per me però quella non è mai stata fonte di ispirazione. Io ho sempre dipinto con il cervello, con molta precisione e soprattutto stando attento a quello che facevo”.