Era una giornata come tante. Nell’intera conca del Fucino gironzolava come sempre, un’ arietta gelida. Le giornate sempre più corte e meno colorate lasciavano posto al buio intenso della sera. Ogni albero aveva una sua anima distesa sul prato immenso. Era tutto nero e blu con nessun altro colore vivace. Anche le foglie, cadevano, si restringevano e poi salivano al cielo. La brezza come un tappeto, insieme alla rugiada condensava e manteneva i fili d’erba , piccoli ed innocui. Insieme a loro, seguivano i fiori che con l’aiuto della sua amica terra si richiudevano nelle proprie case, e sbarrando le porte con un lucchetto, se ne stavano al calduccio. Ai piedi del monte Salviano giaceva una piccola casetta di legno sommersa nella natura. All’interno vivevano due umili persone e già dall’abbigliamento si capiva che erano contadini. I loro nomi erano Maria e Giuseppe. Maria indossava un vestito ,ormai logoro sull’orlo e sulle lunghe maniche ed aspettava un bambino. Giuseppe aveva pantaloni strappati ,e la camicia legata all’altezza della cintura. Il bimbo è nato e si fa subito giorno! È venuto al mondo un bellissimo bambino dagli occhi celesti e dai capelli castani. Ecco, il sole arriva e scaccia via la luna, illuminando tutto. Alcuni operai ,che ,si trovano poco più in la davanti ad un falò a manifestare per il posto di lavoro , accorsero per primi davanti alla casa dell’umile contadino. Avvisarono poi i propri familiari spargendo la voce di quella natività per tutta la città . Accorsero tutti con un dono, ma quelli più poveri ,che credevano in Lui, si scusarono per non aver portato nulla . In preghiera chiesero aiuto al bambino Gesù: una casa,anche piccola, cibo per i più poveri , pace , lavoro per il sostentamento delle loro famiglie. I più ricchi, per la loro avarizie e maleducazione vennero allontanati.
Aurora Amicuzi, classe V B, scuola Vivenza Giovanni XXIII di Avezzano