Avezzano. Una sentenza destinata a far discutere quella firmata in questi giorni dal Giudice di Avezzano dr. Massimo Valenza. E molto! Con tale provvediemnto, infatti, il Tribunale di Avezzano ha accolto la domanda di un infermiere del Pronto Soccorso di Avezzano condannando l’INAIL a corrispondergli un indennizzo commisurato alla percentuale d’inabilità (10%) a causa di una patologia al cuore insorta nel 2014.
L’infermiere svolgeva l’attività lavorativa in regime di triage, sistema utilizzato per selezionare i soggetti coinvolti in infortuni secondo classi di urgenza/emergenza crescenti, in base alla gravità delle lesioni riportate e del loro quadro clinico (codice bianco, verde, giallo, rosso).
Gli avvocati Renzo Lancia e Salvatore Braghini sono riusciti a dimostrare con la documentazione prodotta in giudizio che nel caso del lavoratore del Pronto Soccorso di Avezzano erano soddisfatti i criteri medico-legali per inquadrare la sindrome contratta come infortunio lavorativo indennizzabile in ambito INAIL.
Scrive il Giudice: I testi escussi, tutti medici o infermieri colleghi di lavoro del ricorrente, hanno confermato che l’infermiere, impegnato al pronto soccorso prima all’accettazione pazienti e poi al triage, è stato oggetto di aggressioni fisiche e verbali da parte di pazienti e di loro parenti. Gli avvocati del paramedico avevano denunciato un’anno fa, con un duro documento sottoscrittto da 11 medici e da altri paramedici dell’unità di emergenza dell’ospedale marsicano, le gravi condizioni in cui versa il Pronto Soccorso e l’insostenibile carico di lavoro che grava sul poco personale che vi opera, alle prese con la necessità di fronteggiare continue urgenze.
Il Pronto Soccorso – lo ricordiamo – risponde a un bacino di oltre 180mila persone, assolvendo annualmente più di 40mila prestazioni sanitarie, che si raddoppiano o triplicano nei giorni festivi, senza considerare i presidi di Pescina e Tagliacozzo che portano il dato a 60mila. Quello di Avezzano è il secondo Pronto Soccorso d’Abruzzo dopo la struttura di Pescara. Una vera e propria “trincea” con l’inevitabile carico di dolore, tensione, rabbia, paura, che – secondo la consulenza tecnica del dr. Giovanni Aratari – ha portato allo sviluppo della patologia accusata dall’infermiere e a un danno biologico di natura permanente derivato all’assicurato che può essere ragionevolmente valutato nella misura del 10%. Di qui la condanna all’indennizzo.
Piena soddisfazione hanno espresso i legali Renzo Lancia e Salvatore Braghini, sia per la portata innovativa della sentenza sia per aver riproposto all’attenzione della Magistratura e dell’opinione pubblica le difficoltà estreme in cui versa il personale del P.S., ed in particolare il ruolo dell’infermiere triagista, quotidianamente chiamato a gestire situazioni caratterizzate dalla presenza di sentimenti ed emozioni forti, proprie e degli altri: collera, impazienza, frustrazione, impotenza, paura. Il tempo che incalza, le richieste pressanti, il contatto con il dolore e la sofferenza, i ritmi di lavoro serrati che non permettono di “staccare” emotivamente, sono tutte variabili che possono penalizzare l’equilibrio emotivo del personale ed incidere, come in questo caso, sulla salute del lavoratore, causandone la malattia.