Balsorano. Stefano Manni, l’ex brigadiere di Balsorano, si dissocia, ma il tribunale non concede la libertà. Il quarantottenne ascolano, arrestato lo scorso mese di dicembre con l’accusa di essere a capo di una presunta organizzazione terroristica di matrice fascista, dalla sua cella del carcere dove è rinchiuso, ha scritto di suo pugno una lettera definita da lui stesso una “presa di coscienza e dissociazione”. Su due fogli a righe scritte in stampatello, Manni si rivolge “a tutte quelle persone che, in questi mesi hanno avuto modo di conoscere la vicenda giudiziaria” che lo vede coinvolto. “Una vicenda – scrive il quarantottenne ascolano – per la quale provo profonda vergogna”. Poi, torna a ripercorrere quelle che sono state le sue azioni nel corso degli ultimi anni e che lo hanno portato dietro le sbarre con l’accusa di aver messo in atto una pericolosa attività eversiva. “Ho per mesi divulgato una ideologia aberrante – si legge nella lettera – fondata sugli ideali fascisti, del disciolto movimento politico Ordine nuovo, sulla soppressione della libertà tutelata dalla Costituzione, minacciando di usare violenza quale via di lotta politica (violenza nel concreto mai usata e che mai avrei usato), divulgando ideali razzisti”. Ma, di contro, Stefano Manni sostiene di non aver mai voluto in alcun modo che quanto sostenuto si traducesse in azioni concrete. “Mi sono sempre adoperato affinchè non venisse mai commessa alcuna azione concreta, ancorché banale, riuscendoci appieno. Ciò perché mai convinto intimamente di tale aberrante ideologia”. Una lunga premessa per arrivare a sostenere quelle che sono le sue intenzione e che ha avuto modo di maturare in quasi tre me si di detenzione. “Da tale pensiero e da tale ideologia, fascista ed ordinovista, mi dissocio in modo fermo e deciso così come mi – in egual misura – mi dissocio da tutti coloro che hanno assunto e assumono, hanno condiviso e condividono tali posizioni, abbandonando tutti coloro che in tale deleteria ideologia si riconoscono”. Prima di concludere, Manni scrive di essere convinto che non è seguendo “pericolose derive antidemocratiche” che si risolvono i problemi della nazione e, per questo motivo, esorta tutti a rifuggire le “ideologie lontane dalla legalità, dal rispetto della costituzione” ed anche a ripudiare “la violenza come forma di lotta politica e sociale, che non porta e non porterà alcun beneficio”.
Nel frattempo, Stefano Manni ha lasciato il carcere di Pescara dove era stato rinchiuso subito dopo il suo arresto ed è stato trasferito nella casa circondariale di Alessandria. Intanto, davanti ai giudici del tribunale della libertà dell’Aquila, si è svolta l’udienza per prendere in esame l’istanza di riesame presentata dall’avvocato Mauro Gionni, difensore di Stefano Manni. La libertà non è stata concessa. Secondo il difensore ascolano, però, l’indagato non era stato interrogato di nuovo dal Gip del capoluogo abruzzese, dopo che gli era stato notificata la seconda ordinanza di custodia cautelare. Per l’avvocato Gionni, infatti, la nuova ordinanza, emessa dopo che il tribunale della libertà aveva annullato la prima per la mancata convocazione del suo difensore in sede di Riesame, contiene degli elementi nuovi che aggraverebbero la posizione dell’indagato sui quali, però, Stefano Manni non è stato mai sentito dal Gip.