Tagliacozzo. Sarà Melancholia, film del 2011 prodotto in Danimarca, ad aprire questa sera la rassegna Tagliacozzo in film. La proiezione, prevista per le 21 nella piazzetta Tre Molini, è il “gancio” della rassegna, quello che ha suggerito che Tagliacozzo in film ruotasse attorno al binomio solitudine- partecipazione. La visione apocalittica rispetto alle sorti dell’umanità su questa Terra è per il regista danese, come lo era stato all’epoca, mutatis mutandis, per suoi celebri predecessori – dallo Stanley Kubrick di 2001: Odissea nello spazio (1968) al Ridley Scott di Blade Runner (1982), dove è il futuro in sé ad essere apocalittico – una prospettiva speciale per indagare una condizione umana di solitudine connaturata quanto più essa è calata nella rete delle relazioni sociali – borghesi, nel caso dei protagonisti della storia – in relazione ad un ambiente circostante naturale vivo e ben più capace rispetto all’individuo di accettare e lasciarsi attraversare, modificando se stesso, dal cambiamento, anche quando esso volge verso ciò che noi umani convenzionalmente chiamiamo “fine”.
Con il suo spirito provocatorio, disturbing, e al tempo stesso profondamente sentimentale – “romantico” nell’ispirazione letteraria, musicale più classicamente tedesca ma ancor di più, dal punto di vista cinematografico, devotamente “viscontiana” che lo caratterizza – Lars von Trier propone un moderno affresco di apocalisse, con la sua particolare attenzione alla qualità femminile, espressa in particolare nelle finestre sull’animo rappresentate dalle due sorelle, Justine e Claire, specchio una dell’altra. Di fronte alla fine del mondo, la solitudine vissuta al limite della depressione di Justine (Kirsten Dunst) trova la sua dimensione ideale: il turbamento che sempre l’accompagna davanti a un infinito “leopardiano” si acquieta e ritrova un senso più umano di condivisione con l’altro. Tra i firmatari negli anni ’90 del manifesto del cinema DOGMA per un utilizzo nel cinema del digitale teso, al di là della finzione della messa in scena, alla rappresentazione delle possibili e diverse verità del contingente, von Trier anima l’ambiente naturale artefatto ma spietatamente autosufficiente che circonda le vite dei protagonisti reinterpretando l’immaginario pittorico, musicale, letterario di capolavori dell’arte – da John Everett Millais a Pieter Bruegel, da Richard Wagner a Caravaggio – trasformandolo gradualmente in soggetto vivo, agente e dialogante con chi può finalmente ascoltarlo (Justine e il nipotino e, gradualmente, Claire). Il film sarà introdotto da Katia Ippaso giornalista e scrittrice, vive a Roma. Laureata in Discipline dello Spettacolo e specializzata sulla tragedia greca, tiene all’Università La Sapienza di Roma, cattedra di Drammaturgia digitale della Professoressa Antonella Ottai, laboratori e seminari sulla critica teatrale e la composizione drammaturgica. Come drammaturga, ha firmato atti unici centrati sul tema della famiglia e della violenza. Per l’Ente Teatrale Italiano ha diretto i periodici “La Critica” e “Etinforma”, producendo per loro diversi libri di reportage teatrale, tra cui “Amleto a Gerusalemme”, “Le voci di Santiago”, “I Porti del Mediterraneo” e “Italia-Albania: sulla rotta del teatro”. Per Sky Cinema ha realizzato come autrice una serie di documentari che raccontano i grandi attori del cinema italiano (Anna Magnani, Ugo Tognazzi, Totò).