Avezzano. L’ansia da separazione è il secondo problema comportamentale più comune nei cani, dopo l’aggressività. E’ importante, quindi, cercare di capire cosa accade nella loro testa, cosa fare per aiutarli a superarla e, soprattutto, cosa non fare mai. Il rischio è anche quello di far loro del male, pur se animati da buone intenzioni. Abbiamo chiesto al veterinario marsicano Ennio Di Carlo di darci ulteriori informazioni circa il fenomeno in questione e, perché no, anche qualche utile consiglio.
Un cane su sette soffre di ansia da separazione. Questo significa che ogni giorno, anche più volte al giorno, una famiglia (con cani) ogni sette torna a casa e trova il divano sventrato, la biancheria disseminata per casa, la pipì sul tappeto, il sacco delle immondizie strappato in mille pezzi, i calzini mangiucchiati, il vicino inferocito per l’abbaio continuo. E un cane dall’entusiasmo incontenibile, fin troppo felice di rivedere la sua famiglia.
Se, invece, quella famiglia ha già tentato di gestire il problema con sgridate e punizioni, allora probabilmente si troverà di fronte una situazione diversa, dovuta al cosiddetto “processo di anticipazione”: il cane con le orecchie abbassate scodinzola in maniera dimessa, perde qualche goccia di urina, ha un atteggiamento molto sottomesso. Tutti atteggiamenti che il proprietario, spesso, interpreta come segno che il cane sa di essere colpevole.
Il comportamento sano di un cane che non soffre di questo disturbo comportamentale è, invece, quello di rimanere rilassato, spesso inattivo e sonnecchiante quando manca il proprietario e di fare le feste senza eccessi al suo arrivo.
I comportamenti più comuni nell’ansia da separazione sono la distruzione e l’eccessiva vocalizzazione – pianto, abbaio, ululato – mentre alcuni altri sono meno comuni, ma possibili: l’eliminazione inappropriata (urina e feci), il comportamento ripetitivo (ad esempio girare su sé stessi) e l’autolesionismo (spesso il cane si lecca continuamente una zampa fino a ferirsi), tentativi di fuga, salivazione eccessiva, tremore, depressione.
1- Prima regola: non lasciarlo solo
Non lasciare solo il cane credendo che debba solo abituarsi, perché non solo non funziona, ma può peggiorare il problema e rendere sempre più difficile risolverlo. Si rischia di portare la paura e la sofferenza a livelli cronici e da quel punto in poi il percorso di “guarigione” diventa sempre più difficile.
2- Seconda regola: No alle punizioni
Soprattutto niente punizioni retroattive. La punizione data a distanza dal comportamento indesiderato, quando torniamo a casa e la troviamo distrutta, non è comprensibile per il cane. Non capendo il motivo per il quale lo stiamo sgridando si sentirà ancora più insicuro.
3- Terza regola: Non aspettare
Iniziare subito un percorso alle prime avvisaglie, non aspettare e, una volta datogli il via, cercare di superare la frustrazione delle difficoltà. Tenere duro, in molti casi, è l’unica chance di farcela.
Il cane che prova ansia d’abbandono è un cane che soffre molto. Il fatto rilevante per noi spesso è la nostra frustrazione quotidiana nel trovare danni in casa, è anche una questione di gestione per e con i vicini, ma è prima di tutto un problema per il cane. Se sta male in nostra assenza, soffre, va in crisi, si deprime o vive un grande stato di angoscia e frustrazione ogni volta che andiamo a fare la spesa, possiamo davvero pensare che punizioni e forzature lo aiutino a vivere più sereno?
Esistono giocattoli che si possono riempire di cibo, come il kong. Sono un ottimo antistress e passatempo per i cani, ma sicuramente non bastano a risolvere il problema di cui stiamo parlando.
L’unica figura in grado di fare diagnosi, escludendo eventuali disturbi fisici sottostanti, e proporre una terapia mirata è il medico veterinario esperto in comportamento. A cui bisognerebbe rivolgersi fin dalle prime avvisaglie del problema per poter risolvere il disagio prima che inevitabilmente peggiori.
Il medico in seguito ad un’accurata visita, valutando eventuali cause fisiche concomitanti, formulerà una diagnosi e prescriverà una terapia, che non è necessariamente costituita da farmaci, ma potrà prevedere l’utilizzo di strumenti inerenti come la medicina non convenzionale, sempre affiancato da un percorso riequilibrativo, spesso in collaborazione con un istruttore in grado di interagire con il medico nel percorso prefissato.
Per info e contatti: Ennio Di Carlo studio veterinario