di Angelo Ianni*
La Valle di Amplero si trova nella Marsica orientale, a nord-est del territorio del comune di Collelongo in provincia dell’Aquila, tra i territori di Trasacco e Ortucchio. La valle, posta ad 830 m di quota, è una diramazione laterale della Vallelonga e si configura come una conca con fondo pianeggiante, a carattere di dolina, a pianta pressoché circolare nel cui inghiottitoio confluisce il breve corso sinuoso di un ruscello. La conca, dominata dal monte Annamunna (1233 m), è contornata da modeste alture boscose, fra di esse è di importanza rilevante quella denominata La Giostra (1093 m.). In questa valle silenziosa si trova un’area archeologica italico-romana.
La prima segnalazione di resti antichi nella zona la si deve a Carmelo Mancini a metà Ottocento, successivamente riscoperta dal pastore Angelo Vincenzo Grande che, mentre conduceva il gregge al pascolo sui monti della Vallelonga, ebbe modo di avvicinarsi all’archeologia grazie ad alcune scoperte di reperti ed edifici di età antica e medievale. In seguito, nel 1968, la valle fu scelta come campo di indagine dall’Università di Pisa che con l’interessamento della “Pro loco” di Collelongo, animata soprattutto da Francesco Salucci e Giovanni del Turco, cominciò i saggi di scavo nel settembre di quell’anno.
A dirigere i primi interventi fu Paolo Enrico Arias affiancato da Orlanda Pangrazi fino al 1971, poi fu la volta di Cesare Letta che dal 1980 fu affiancato dalla direzione tecnica di Maurizio Paoletti fino all’ultima campagna del 1987.
Le indagini archeologiche hanno permesso di individuare una cinta fortificata con l’area sacra sul colle della Giostra, un insediamento terrazzato con necropoli sul pendio di S. Castro e una necropoli tardorepubblicana nell’area del Cantone.
Insediamento fortificato La Giostra – Per raggiungere il sito archeologico si parte dalla cappella di S. Antonio e si prosegue lungo una sterrata in discesa fino a raggiungere un bivio. Il ramo di sinistra segue il versante occidentale della valle, a mezza costa sul fianco del monte Annamunna, con percorso sottobosco che porta al rifugio Aranello (a quota 959 m), dove sono un fontanile e un’area picnic. Dal rifugio ci si inoltra nel bosco e si sale fino alla sommità di un piccolo colle dove si trovano i resti di un villaggio fortificato di forma ovale “La Giostra”, con un doppio fossato antistante e un circuito murario in opera poligonale di 350 m di lunghezza. Il muro di recinzione è dotato sul versante sud di una porta a corridoio interno obliquo. All’interno sono presenti i resti di due edifici templari, di una stipe votiva e di una cisterna circolare che veniva utilizzata per la raccolta dell’acqua piovana. Nell’area del deposito votivo, ora interrata, sono stati ritrovati un volto di donna in terracotta, un’anforetta miniaturistica, una statua di togato, una statuina di figura femminile seduta con poppante e un bronzetto mutilo di Ercole.
La necropoli del Cantone – Dal colle di La Giostra si ridiscende lungo un canalone sul versante opposto e si raggiunge un altro sentiero, risalendo il quale si arriva nell’area della necropoli del Cantone che si compone di oltre 50 tombe. Allineate sugli opposti versanti della valletta, in duplice fila, si succedono lapidi coi nomi dei defunti, alternate a tombe a camera.
Gli scavi condotti hanno permesso il recupero di alcune di queste lapidi (stele-porta) che erano incassate in un muretto di recinzione in opera incerta. Sull’architrave di alcune tombe è inciso il nome del defunto, ad esempio quello di Instancia figlia di Numerio (una donna morta in età adulta, sepolta nella Tomba 28), o quello di Caio Ibiedio figlio di Stazio (sepolto nella Tomba 18). Nelle altre tombe femminili sono stati rinvenuti fibule di ferro, borchiette di bronzo argentato, dei calzari, balsamari in terracotta e vetro, scatoline per il trucco, specchietti bronzei, in quelle maschili, strigili di ferro.
Tra gli oggetti recuperati nella Tomba 14, la più ricca della necropoli del Cantone, spicca il rivestimento in osso di un letto funerario, costituito da oltre 700 elementi, si tratta del celebre “Letto di Amplero” (fine II inizio I secolo a. C.). La Tomba 14 è l’unica preceduta da un corridoio scavato nella roccia (dromos) e con una canaletta per versare all’interno della tomba offerte di vino e latte (profusiones) in occasione dei riti del giorno dei defunti (parentalia).
L’interno era dipinto, ma la decorazione è perduta. Nel pavimento sono ricavati tre pozzetti, disposti a scacchiera, che contenevano le cassette lignee con i resti delle più antiche deposizioni. La Tomba ha ospitato i defunti delle diverse generazioni di una famiglia dalle notevoli disponibilità economiche.
L’elemento più caratteristico del Letto di Amplero è il cilindro figurato che rappresenta una testa barbata con capelli fluenti nel retro con una benda sulla fronte e una corona di capsule di papavero.
La figura barbata è probabilmente una divinità dell’oltretomba forse Dionysos-Hades, le capsule di papavero (simbolo del sonno eterno) alludono alla morte. Nella necropoli del Cantone sono state ritrovate altre tombe di età romano-imperiale di due tipi: ad inumazione e ad incinerazione.
Le tombe ad inumazione sono per bambini molto piccoli, deposti a terra e privi di qualsiasi oggetto, invece le tombe ad incinerazione appartengono a degli adulti che presentano un modesto corredo.
Con il metodo della spettroscopia ad assorbimento atomico è stato determinato che la dieta della popolazione era di tipo prevalentemente agricolo con un apporto di alimenti di origine animale.
Gli animali bovini e capro-ovini, erano infatti un bene prezioso per la produzione del latte e dei latticini, per il lavoro nei campi e per la produzione di lana.
L’insediamento italico-romano di San Castro – L’area di S. Castro è un ampio pendio terrazzato di 18 ettari circa, digradante sulla piana di Amplero. Per raggiungere il sito si scende dalla necropoli del Cantone verso sud, percorrendo a ritroso il sentiero e deviando poi su quello di destra che conduce verso i sottostanti pendii di San Castro. Qui sono i resti ben conservati del vicus italico romano del Cantone.
Da questa località proviene un reperto di valore inestimabile, la parte inferiore di una scultura italica, nella quale sono conservate le gambe dall’inguine in giù, che la fantasia popolare ha denominato “Le Gambe del Diavolo”. La singolare forma a clava degli arti, le accomuna alla celebre statua del Guerriero di Capestrano (VI secolo a. C.).
Più sotto, in uno sperone roccioso denominato La Cava sono state individuate tombe di diverso tipo.
In una tomba a grotticella ricavata nel banco roccioso che conteneva una deposizione multipla, sono stati raccolti i resti di tre individui (un adulto di sesso maschile, un adulto di sesso femminile) e un ragazzo intorno ai 12 anni.
Le tombe a cappuccina di S. Castro, per i loro corredi, sono datate entro la prima metà circa del II secolo d. C.
Una di esse è molto particolare perché reca un condotto verticale sopra le tegole, costruito semplicemente con due coppi accostati che dovevano affiorare alla superficie e raccogliere le libagioni funebri. Dallo studio degli inumati, dei resti animali e dai pollini rinvenuti sia nelle tombe che nell’abitato, risulta che le genti marse di Amplero erano prevalentemente legate, in età italica e romana, ad un’economia agricola e connesso allevamenti di animali (Giuseppe Grossi 1989).
Attualmente Il Letto funerario in osso e Le Gambe del Diavolo sono custoditi nel Museo Archeologico Nazionale d’Abruzzo di Chieti.
Per raggiunge la Valle di Amplero si percorre l’Autostrada A 24 e usciti al casello di Aielli-Celano si continua in direzione di Trasacco, dove si prende la strada provinciale per la Vallelonga.
In prossimità dell’abitato di Collelongo s’imbocca a sinistra la sterrata che costeggia il cimitero. Raggiunta la cappella di S. Antonio a quota 938 m. si parcheggia la macchina in una piazzuola poco distante dalla chiesetta. È un anello di 9 km con 200 m. di dislivello e un tempo di percorrenza di circa 4 ore.
Un ringraziamento agli amici della redazione di Montagne Selvagge di Avezzano per la gentile collaborazione.
*Angelo Ianni è nato a Celano (AQ) nel 1956. Insegna matematica e Scienze all’Istituto Comprensivo Statale “Tommaso da Celano” di Celano. Da sempre appassionato degli avvenimenti storici della sua terra, si dedica alla ricerca delle radici storico-culturali del territorio marsicano e delle realtà che ne fanno parte. Studioso anche di botanica sta per pubblicare due volumi sulla floristica della Marsica nord orientale.
Leggi anche:
Il Monastero di San Marco alle Gole di Aielli-Celano, le nostre montagne raccontano