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Alla scoperta della Monnalisa dei Torlonia e della più grande collezione privata d’arte al mondo

Francesco Proia di Francesco Proia
24 Gennaio 2018
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In pochissimi sanno che i Torlonia erano proprietari di una delle migliori copie esistenti della Monnalisa, dipinta da Berardino Luini, pittore contemporaneo di da Vinci. Ma andiamo con ordine. La famiglia Torlonia è attualmente proprietaria della più grande collezione d’arte privata al mondo. Più di un critico d’arte ritiene che questa collezione rappresenti più di un terzo del patrimonio antico posseduto nella capitale.

Tra statue, busti, ritratti, sarcofagi, rilievi ed elementi decorativi, la collezione vanta una sfilza infinita di opere del Perugino, Guercino, Caravaggio, Tintoretto, ma soprattutto la preziosa e colossale Hestia Giustiniani, una serie di un centinaio di ritratti in marmo, per la maggior parte imperiali, considerata dagli studiosi più importante di quelle dei musei capitolini e vaticani. La collezione, che da oltre quarant’anni è custodita negli scantinati di palazzo Torlonia alla Lungara, all’epoca venne stimata in circa 300 miliardi di lire e l’insieme, per valore, è stato comparato alla collezione dei musei vaticani.  Winckelmann, il famoso bibliotecario e storico dell’arte tedesco, disse che “dopo la basilica di San Pietro, il museo di Villa Torlonia sorpassa tutto ciò che è stato fatto nei tempi moderni”. Nel 1841 l’architetto Francesco Gasparoni intitolò una delle sue prose sulle belle arti “A Torlonia le Arti riconoscenti” alle quali fece seguire una personale considerazione “Verrà però tempo, né forse è lontano il giorno, in cui si leverà degnamente qualcuno, il quale d’ogni cosa ragionando, farà vedere che niuno in Italia commise oggi agli artefici opere in maggior copia dell’Eccellentissima Casa Torlonia, e che a niuno, meglio che a lei, debbono le arti esser tenute”. Ma come ha fatto la famiglia Torlonia a collezionare tutti questi tesori? Molte opere sono frutto degli scavi effettuati nelle loro immense proprietà, come quelle di Canino e di Vulci o delle antiche ville romane acquistate dalla famiglia, come la Villa dei Quintili sull’Appia Antica, la più grande villa del suburbio romano, conosciuta come “statuario” per la ricchezza delle opere d’arte. Tante opere vennero ritrovate anche sul fondo del lago Fucino, ma è attraverso il prestito di denaro che i Torlonia misero insieme i migliori pezzi di questa incredibile collezione. Per scrollarsi di dosso l’etichetta di parvenu, ovvero di persone che si erano arricchite rapidamente e che, pur cercando di ritagliarsi rapidamente una certa posizione sociale, conservava almeno in parte i modi e la mentalità della condizione sociale precedente, i Torlonia iniziarono a collezionare opere d’arte di ogni genere e per portare avanti queste attività si servirono di mezzi a loro congeniali: prestavano soldi, ma come pegno pretendevano i capolavori dei nobili romani che si rivolgevano al loro banco. Fu così che molte di queste opere, provenienti dalle collezioni delle grandi famiglie romane – i Caetani-Ruspoli, i Carpi, i Cesarini, i Giustiniani – finirono nella magnifica e celata collezione Torlonia, nelle 77 stanze del palazzo di via della Longara. L’unico catalogo esistente è quello Visconti, che risale al 1884 ed è conservato all’Ashmolean library di Oxford. Come è scritto sulla copertina il catalogo elenca le opere di “quell’ immenso tesoro d’erudizione e d’arte che non avrà mai forse nell’avvenire altra collezione che la pareggi”. Anche la Monnalisa del Luini, prima che Don Giovanni Torlonia nel 1892 la donasse allo stato italiano per far bella mostra di sé in una galleria della Camera dei Deputati, faceva parte della collezione Torlonia. Sul retro del quadro è ancora possibile ammirare i due sigilli con lo stemma della famiglia romana. Berardino Luini era un pittore contemporaneo di da Vinci e di Andrea Salai, quest’ultimo alunno prediletto nonché amante di Leonardo, autore della Monnalisa del Prado. Il Luini, inoltre, era originario di Dumenza, la città natale di Vincenzo Peruggia, l’uomo che nel 1911 trafugò la Gioconda dal Louvre per riportala in Italia. Ma se queste, per quanto incredibili, potrebbero rivelarsi solo come delle coincidenze, esistono informazioni che non possono essere ignorate su un incredibile viaggio che Leonardo fece in Abruzzo. Ma questo lo approfondiremo mercoledì prossimo. @francescoproia (autore di “Polvere di Lago” e “Il Principe del Lago”)

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