Tagliacozzo. Cosa cambia nella fotografia e cosa resta? Ma soprattutto quale è il filo conduttore tra fotografia e arte, o meglio, tra fotografia e senso o sentimento? Qesto è uno degli ambiziosi obiettivi di un esperimento artistico messo a punto nella mostra “Fatti di Luce – MetamorfosiPolaroid” di e con Stefano Avagnano e Mario Iacomini presentata da Jo e Roberta Caffetteria in piazza Duca degli Abruzzi a Tagliacozzo.
“Le opere esposte”, spiega Iacomini, “permetteranno di ‘essere’ negli attraversamenti dell’‘OrizzontePolaroid’ compiuti dai due autori. Il racconto che si struttura nella consequenzialità delle ventisei tavole presentate, è un racconto che entra dentro le ‘RagioniForma’ dello stesso ‘Linguaggio Polaroid’. Ragionato nelle sue molteplici possibilità espressive, infatti, tale linguaggio si apre, nella sperimentazione prodotta da Stefano Avagnano e Mario Iacomini, agli “Infiniti di Luce” che la fotografia Polaroid autorizza e offre, come possibilità, nelle rimesse – nelle__Scritture__Luce – della realtà: MetamorfosiPolaroid”. L’iniziativa, che vedrà momenti di approfondimento con gli autori, doveva terminare il 7 gennaio ma la chiusura è stata rinviata.
“La rassegna offerta con gli scatti Polaroid, presentati attraverso la mostra dal titolo [F]atti di luce / metamorfosipolaroid”, afferma Michelangelo Mulieri, “suona come un punto di arrivo ed allo stesso tempo come un cambio di “stagione” che evoca una condizione di disagio intellettuale e morale rispetto all’esistente attuale. Non riconoscendosi in quello che la sociologia chiama il “paradigma contemporaneo” segnato dall’urgenza di (fintamente) trasgredire, scandalizzare, oltrepassare i limiti, violare la specificità dei generi, cioè di vivere perennemente in una condizione di sovraesposizione, i due artisti compongono “classicamente” la forma. Ciò è particolarmente evidente nelle tavole di Stefano Avagnano. Per quel che è della classicità dello Iacomini è invece da sottolineare che il rimando ai classici è da riferire più alla sua attitudine a costruire “densità stratificate” che ad altro. I due autori, nelle tavole presentate, rifuggono da ogni tentazione letteraria o descrittiva e, impegnati ad interrogarsi sulle ragioni stesse del loro fare, rifiutano ogni invadenza di tipo soggettivistico. Animati da una tensione analitica, aiutati da questa luce POLAROID, suggeriscono modi della visone e della percezione. Le loro fotografie mostrano le “materie prime” di cui sono composte: tela, legno, carta, colori di produzione. Si tratta di foto che sono governate da un lessico in cui la luce è fonte di ogni invenzione: origine e destino. Ci si trova di fronte ad una grammatica de “l’istantanea” che ha un’eleganza neoclassica filtrata da un pitagorico ascetismo. Una grammatica che si impone, quindi, per un intenso senso di rarefazione atmosferica, di incorporea leggerezza. In una sintesi colta, sorretta da una costante frequentazione dei modelli della storia dell’arte, si rimodulano un vasto archivio di tracce: busti, tele, cavalletti, bottiglie, palazzi, luoghi naturali. Elementi che vengono acquisiti e subito decontestualizzati come in un “catalogo” di apparizioni sfiorato dal “[non] peso della luce”.