Tagliacozzo. Giro di boa per la XXXIX edizione del Festival di Mezza Estate, firmata da Jacopo Sipari di Pescasseroli, realizzato col patrocinio del M.I.C., della Regione Abruzzo, della Città di Tagliacozzo, grazie all’abnegazione del Sindaco Vincenzo Giovagnorio e del suo assessore alla cultura Chiara Nanni, della centenaria Banca del Fucino e della Fondazione Carispaq.
Domani, omaggio a Giuseppe Verdi per i 210 anni dalla sua nascita, con un concerto monografico nell’incantevole cornice del Chiostro di San Francesco, affidato da Jacopo Sipari, il quale dismetterà la veste di direttore artistico per porsi alla testa dell’Orchestra Sinfonica Abruzzese e dell’International Opera Choir, preparato da Giovanni Mirabile , per far musica insieme al soprano Donata D’Annunzio Lombardi e al tenore Amadi Lagha.
Un concerto questo, che avrà quale preludio, alle ore 18, nel cortile d’arme del Palazzo Ducale Orsini Colonna la presentazione del volume “Servirsi del popolo – origini, sviluppo, caratteri del nuovo populismo italiano” di Pietro Folena, per i Fatti delle edizioni La nave di Teseo, nelle parole dell’autore stesso. Il gala principierà con la sinfonia del Nabucco che inizia con un tema simile ad un corale, presentato dagli ottoni, poi, di colpo l’orchestra si anima ed esplode con violenza.
Udiamo, poi, il tema di “Maledetto”, il coro che verrà cantato dagli Ebrei per maledire Ismaele, e da questo motivo teso e vibrante sfocia la celeberrima melodia del “Va’ pensiero”, possiamo dire, il secondo inno d’Italia, che verrà elevata dal coro in chiusura del programma, Il ritorno del tema della maledizione permette la citazione di altri tre temi dei quali uno, quello del duetto tra Nabucco e Abigaille, verrà sviluppato con un crescendo alla Rossini. Il coro eleverà, quindi, la bella pagina corale che apre la prima parte del Nabucco, intitolata “Gerusalemme”, “Gli arredi festivi”.
L’attacco è robusto ed estremamente incisivo, facendoci entrare immediatamente nel dramma; il coro ha fisionomia di personaggio. Il lamento che si leva alto e sonoro viene contrastato da una triste e dolce pagina delle Vergini “Gran Nume che voli”, con ripresa del coro e interessanti chiaroscuri. Si continuerà con il Preludio del I atto di Traviata, che inizia sul filo del suono impalpabile dei violini, così come finirà il “blues” di Violetta che gioca con i suoi tre volti, uno per ogni atto, ma sempre accompagnata dal nero incombente della morte.
Quindi aria di sortita del tenore che vestirà i panni di Alfredo per la cabaletta dal secondo atto “O mio rimorso” agitata e furibonda per aver scoperto di essere il “mantenuto” e intenzionato a lavare l’ennesima onta. Tutto è sopra le righe e senza freni: l’amore, la vergogna, l’orgoglio.
La Donata D’Annunzio Lombardi sarà, invece, la Violetta dell’ ultimo atto, l’ultimo inno crudele, dimesso e lapidario alla vita negata, un arioso legato all’ancia del ricordo, l’oboe. Si passerà, quindi, alla sinfonia de’ “La forza del destino”, caratterizzata dai suoi tre accordi iniziali, secchi, che ribadiscono la tonica, simbolo del destino funesto che si abbatterà su Leonora, il tema sinistro e inquieto della maledizione, intrecciato con la melodia del duetto tenore-baritono dell’ultimo atto, sino alla conclusione non drammatica, con il tema di Leonora riproposto nel contesto di una scrittura orchestrale brillante. Macbeth vivrà di due importanti momenti corali, “O patria oppressa”, un altro simbolo del nostro Risorgimento musicale, in cui i profughi scozzesi condannano gli usurpatori del loro suolo, desolazione e tanta volontà di riorganizzarsi e vincere la loro battaglia “ facendo muovere il bosco”, vaticinio delle streghe che compariranno in “Che faceste? Dite su” commentando i sortilegi compiuti.
E “S’Allontanarano ,n’accozzeremo” maligne lo sono le streghe, ma la cupezza che sanno sprigionare nella strisciante staticità della fatale sentenza lanciata su Macbeth si sbriciola nell’allegria della chiacchiera e nella sguaiata fisicità della danza. Ci sarà la Leonora de’ “La Vergine degli Angeli” la sua preghiera e la richiesta di pace nell’affidamento alla madonna dopo quei colpi (gli accordi iniziali?) alla porta del convento, compariranno Aida e Radames nelle celebri pagine di “Celeste Aida” e “Pur ti riveggo” ,elogio del tradimento che sprofonda nel lutto, mentre l’esotismo è solo un contorno, in quel radicale pessimismo che conduce dalla marcia trionfale e dalle continue allusioni celesti all’oscurità della tomba e il nuovo cielo che si schiude è speranza fievole come l’ultima canzone di Desdemona.
Amadi Lagha offrirà la sua voce tenorile al Duca di Mantova e alla sua canzonetta la “Donna è Mobile”, simbolo della sua fatuità e superficialità nei confronti di qualsivoglia sentimento e a Manrico, il Trovatore, con la cabaletta della “pira”, la pagina più estroversa dell’opera, che giunge a intensi gradi sonori “con tutta forza”: è soltanto una cosa da ragazzi, ricorda la loro fantasia orgogliosa e ingenua, quando giocano alla guerra con spade di legno. La bravata nasconde un equivoco da incubo: il trovatore è alla ricerca della sua infanzia, corre fremente in difesa della madre, che in realtà non è sua madre e che lo attira in una trappola mortale. Momento intenso sarà l’esecuzione di “Tu che le vanità”, da parte di Donata D’Annunzio Lombardi che si calerà nel ruolo dell’Elisabetta di Valois del Don Carlo, dove rivelerà l’intera sua gamma di voce verso l’alto e l’abbandono lirico e malinconico che caratterizza il personaggio. Non sarà necessario leggere nella sfera di cristallo che il più celebre tra i brindisi dell’opera non mancherà a chiusura della performance, trasformando il palco nel salotto di Flora.
Prossimo appuntamento: Giovedì 10 agosto sarà di scena la danza al Festival Internazionale di Mezza Estate, alle ore 21,15 nel Chiostro del Convento di San Francesco, con il Trippitelli ensemble ne’ “Il battito della Terra” con i danzatori del C.S. L’Aquila danza-Teatro, su coreografie di Loredana Errico e Amalia Salzano. Alle 18 nel cortile d’arme del palazzo Ducale Orsini Colonna continuano le presentazioni di libri con “Ritratti del coraggio : Lo stato italiano e i suoi magistrati” con Stefano Amore, magistrato della Corte Costituzionale.