Avezzano. Ci saranno anche gli agricoltori marsicani alla manifestazione prevista per le 10 in piazza Bocca della Verità a Roma. Hanno abbandonato da settimane le loro aziende per manifestare tutto il loro dissenso contro l’aumento del gasolio agricolo, il ritorno dell’Irpef e poi il sostegno ai cibi sintetici voluto dall’Europa. Gli agricoltori marsicani, la maggior parte dei quali giovani, hanno protestato prima a Celano, poi ad Avezzano in concomitanza con la visita del ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, e ora sono pronti ad andare a Roma. Vogliono unirsi alla protesta dei tanti agricoltori arrivati da tutta Italia e ricordare che “noi siamo quello che mangiamo”.
“Noi non vogliamo fermarci”, ha precisato Marco Santucci, imprenditore agricolo di Magliano de’ Marsi che ha organizzato e promosso le manifestazioni in Marsica, “ci stiamo organizzando per partire e andare a Roma. Stiamo risolvendo dei problemi organizzativi, decideremo se andare in macchina, in autobus o con i trattori. Vogliamo far sentire la vicinanza ai tanti agricoltori che da giorni sono a Roma e poi unirci alla loro protesta perchè crediamo che il nostro settore meriti di più”.
Difendiamo il nostro lavoro, salviamo il nostro futuro, proteggiamo i nostri figli. Sono questi gli slogan del manifesto che caratterizzerà l’appuntamento di domani a Roma. “In piazza porteremo il manifesto dove sono racchiuse tutte le nostre preoccupazioni”, ha concluso Santucci, “non possiamo più aspettare, abbiamo bisogno di risposte immediate altrimenti per molti di noi sarà la fine”. Nel manifesto che in questi giorni gli agricoltori stanno condividendo ci sono nero su bianco le loro preoccupazioni e le loro speranze.
“Ogni anno chiudono molte aziende agricole perchè non conviene più produrre”, si legge nel documento, “l’agricoltore è schiacciato dalle difficoltà economiche: principalmente dal costo di produzione che è raddoppiato, il prezzo del prodotto finito è basso, tanto da non riuscire a coprire neppure le spese per l’acquisto delle materie prime necessarie ai processi produttivi (dal gasolio ai sementi). Queste condizioni causano inevitabilmente la scomparsa dell’agricoltura nazionale e aumentano il rischio di essere sempre più dipendenti dal paesi extraeuropei che usano prodotti a noi non consentiti nelle nostre norme europee. Noi a questo destino già segnato diciamo no”.