Gli occhi della notte sopita si erano aperti per scrutare Venere; il vento cominciava a soffiare sulle distese di campi. Lo specchio del fiume scorreva lento e il silenzio ti invadeva l’anima. Da lontano, più in là, si sentiva un sussurrio avvolgente, il pianto di un bambino in lontananza ti faceva venire i brividi sulla schiena, e un sospiro di sollievo uscì dalla bocca di Maria e Giuseppe, due contadini quando videro quel’ visino spensierato e pieno di luce. I due lavoratori erano diventati genitori: Maria aveva partorito Gesù, un bambino speciale pieno d’ amore. Gesù sprigionava allegria e speranza in tutti quelli che credevano, in tutti quelli che facevano del bene e anche in quelli che non potevano permetterselo. La capanna in cui erano era sgangherata e piena di attrezzi: forconi, cacciaviti, scope e tanto buio, quel buio che stava per terminare grazie alla luce di Gesù: il figlio del sole, il figlio della luna, il figlio delle stelle, il figlio di Dio. Ogni persona che era nelle proprie case, in giro o a lavoro aveva già intuito che era nata una nuova speranza, una nuova speranza per le poche gioie della vita che ci sono ora. Qui’ nella Marsica disperso nel Fucino Gesù era pronto ad aiutarci, a sostenerci nel lavoro e negli attacchi dei delinquenti. Gesù era pronto a distogliere i giovani: dall’ alcol, dal fumo, dalla droga, dal gioco d’ azzardo e magari farli interessare alla ricerca di un lavoro, uno scopo, una meta da seguire. E anche io credo in te, Gesù sono pronta sostenerti come tu fai con noi, sono pronta a cercare la stella del mio cuore per poi darne un pezzettino a tutti.
Adele Bianchi, classe V A, Vivenza Giovanni XXIII, Avezzano