Luco dei Marsi. E’ difficile per me esprimere ciò che ho provato quando ho appreso della scomparsa di Padre Cherubino.
Lo conobbi quando ero molto piccolo, avevo appena nove anni, ma ogni domenica gli facevo da chierichetto durante la messa che celebrava nella chiesa di San Sebastiano, quella che tutti a Luco conoscono come “la chiesa dei frati”. In sagrestia, mentre lo aiutavo nella vestizione, lui mi spiegava la differenza tra i diversi paramenti sacri e mi raccontava alcuni episodi della vita di San Francesco. Durante quei preziosi attimi di intimità, condivisi prima della messa, mi sentivo al settimo cielo. Il mese di maggio, poi, per me era magico. Mi recavo nella chiesetta all’alba, per servire la messa di fianco a Padre Cherubino. Ero orgoglioso di quel ruolo, mi faceva sentire bene e la sua messa, essenziale e senza troppi fronzoli, toccava la mia fede nel profondo. Poi, una volta a casa, facevo colazione ed ero pronto per andare a scuola, rigenerato mentalmente e spiritualmente da quella meravigliosa esperienza. Qualche anno più tardi arrivò anche per me la prima comunione, che però fu davvero tale solo quando fosti tu a condividere l’ostia e il vino con me. Ricordo ancora le nostre confessioni: nessuna fu profonda e spirituale come quelle fatte con te.
D’altronde abitavo a poche centinaia di metri di distanza e la selva dei frati, per me, era già il teatro di tutte le scorribande di gioventù. Da solo o in compagnia non faceva alcuna differenza, giocavo felice tra quei meravigliosi boschi, per me magici già all’ora, ben prima di conoscerne l’importanza storica. Il convento, poi, era il mio castello incantato. In compagnia di Padre Cherubino ne avevo scoperto e visitato ogni angolo, dalle cantine scavate nella roccia alle soffitte abitate dagli innocui pipistrelli, dal chiostro con il pozzo alla stanza con quel meraviglioso organo antico: conoscevo quel convento palmo a palmo, meglio della mia cameretta. Esplorandone gli ambienti mi sentivo come nel film “Marcellino pane e vino” e ancora oggi, se chiudo gli occhi, riesco a visitarlo con la mente.
Qualche mese fa, grazie a zio Sergio, l’ho visitato di nuovo, ed era perfettamente come me lo ricordavo. Zio mi chiese come mai avessi intenzione di visitarlo così approfonditamente e io gli risposi che nel mio prossimo romanzo il convento di Luco, così come anche l’ordine francescano, avrebbe giocato un ruolo centrale, ma non poteva sapere che quel romanzo era dedicato a te, Padre Cherubino. Ebbene sì, perché nonostante già in passato ti avessi dedicato qualche riga nel mio romanzo più celebre, nella prima pagina del nuovo, avevo pronta una bella dedica per te. Volevo ringraziarti per aver guidato la mia fede sin da quando ero piccolo e volevo ricambiare la dedica che mi facesti il 31 maggio del 1988, quando alla fine del mese di maggio, mi regalasti una bellissima edizione di una bibbia per ragazzi, completamente illustrata, che ancora conservo gelosamente.
Oggi di te resta ben più di quella bibbia, restano quegli insegnamenti che, con l’esempio ancor più che con le parole, hanno fatto crescere in me il rispetto e l’amore per l’ordine Francescano, vero testimone del messaggio di Cristo. Tu, che sei stato il primo e l’unico a farmi riflettere sul fatto che la fede, più che dare risposte agli uomini, deve porre domande. Ebbene resterai nella memoria collettiva di una comunità che ti ha amato e ammirato, per aver portato avanti l’idea di povertà tanto cara al santo a cui eri votato, di cui condivido con orgoglio il nome. Una comunità che non smetteva di nominarti e portarti come esempio ogni qual volta venivano chiamati in causa i valori di rettitudine e volontà cristiana.
Un antico proverbio dice che “l’abito non fa il monaco”, ma tutti noi, sotto sotto, sappiamo che non è così. Bastava vederti per capirlo: tu, con un saio ruvido e i piedi scalzi anche d’inverno, sei stato un fastidioso metro di paragone per tanti. Ma sei stato anche colui che ha fatto capire a tanti fedeli, compreso il sottoscritto, che gli insegnamenti di Cristo, per quanto difficili, possono davvero essere applicati alla realtà. Tu, di questo, eri l’esempio vivente.
Padre Cherubino posso essere sincero? Avrei preferito darti l’addio nel nostro convento, quello dei frati, quello in cui ho passato i migliori pomeriggi della mia infanzia e che si sposava perfettamente con i valori che tu, predicavi e rispecchiavi meglio di chiunque altro. Se c’è stato un momento della mia vita in cui mi sono sentito più vicino a Dio, è stato lì, in tua compagnia, ed è solo grazie a te se il convento dei frati è stato, e sarà per sempre, il mio angolo di paradiso. Pace e bene. Francesco