Mario Sbardella era uno tosto, in tutti i sensi. Una di quelle persone che fa le cose a testa alta, nel bene o nel male, senza esitazione, ma che allo stesso tempo va avanti a testa bassa, dritto come un treno, uno di quei treni che aveva “agganciato” (come diceva lui) per tutta la vita, fin da quando era ragazzo.
Si definiva “ferroviere prestato al giornalismo” o “giornalista prestato alle ferrovie”, ma anche “direttore operaio”. Fatto sta che era un vero giornalista, uno di quelli che ancora aveva la passione, che il giornalismo ce l’aveva dentro, e che aveva continuato a farlo fino all’ultimo momento. Prima del malore in Comune, pochi minuti prima, aveva appena diramato dei comunicati alla stampa. Fino all’ultimo davanti al pc.
Si era iscritto all’ordine dei giornalisti nel 1997 e da allora non aveva mai smesso, proprio come si fa con i vizi. Penna per il Centro per tanti anni si occupava soprattutto di cronaca politica. Quando scriveva per lui era sempre un piacere, mai un peso, sempre una gioia, mai una costrizione. Era una persona libera, uno spirito libero, che della libertà aveva fatto una specie di filosofia di pensiero. Mario era sopra le righe, ma allo stesso tempo concreto, realista. Era testardo, irremovibile, ma allo stesso tempo ragionevole, sincero, corretto.
“Petrù”, mi chiamava, con quell’inflessione ciociara che mai aveva perduto in tanti anni di vissuto nella Marsica. E poi faceva una battuta, da persona ironica e sarcastica che era.
E’ morto all’ospedale di Avezzano dopo essere stato colto da malore nel suo ufficio in Comune. Era uno tosto, ma stavolta non ce l’ha fatta. Aveva 65 anni. Le sue condizioni sono precipitate nella notte, e stamattina è sopraggiunta la morte, gettando nel dolore la famiglia, le figlie, la compagna, gli amici e i colleghi. Ciao Mario.